Provengono da altri settori, ma hanno lavorato con diligenza e passione per fare del loro primo locale un format di successo.
“C’è voluto qualche anno, necessario per studiare, provare, comprendere e selezionare, ma oggi siamo soddisfatti del risultato raggiunto” racconta Vittorio Recchia, titolare insieme alla moglie di Ca’ Turati, un locale elegantemente semplice nei suoi arredi come nella sua proposta food. Situato a pochi passi dal quadrilatero della moda milanese, lo spazio si articola su due piani per un totale di 70 coperti, ma un giro complessivo di pasti serviti al giorno vicino ai 300. “Siamo stati per tantissimi anni, nella vita lavorativa precedente, dalla parte di chi entra, cerca un pranzo non banale, ma veloce senza spendere cifre da capogiro”, continua Recchia; “questo è quello che ci ha convinti a scegliere ingredienti di altissima qualità – pochi e provenienti da produttori che abbiamo avuto modo di conoscere personalmente – e a cucinarli con tecniche all’avanguardia per garantire sempre il gusto e la freschezza”.
Un connubio tra materie prime italiane e naturali, e apparecchiature professionali, affidate alle abili mani dello chef Marco Valneri, con un unico risultato: un menu semplice, che spazia però nelle diverse portate offrendo ogni giorno qualcosa di veramente alternativo a un panino o un’insalata, e permettendo, allo stesso tempo, il contenimento dei costi grazie a cotture e preparazioni ‘intelligenti’.
In un mercato da anni sotto i riflettori di tutto il mondo, amato, contestato, chiacchierato, ma soprattutto tirato da ogni lato (la grande ristorazione stellata vs il piccolissimo produttore a kilometro zero), Ca’ Turati è la prova che esistono formule intermedie economicamente sostenibili, capaci di soddisfare esigenze reali con una corretta analisi dei costi/benefici, regalando, oltretutto, una ‘seconda vita lavorativa’ a chi ha voglia di rimettersi in gioco con l’umiltà di un principiante molto diligente.
di Barbara Carbone