L’artista californiano è alla galleria Colombo, con la sua prima mostra personale in Europa.
Scordatevi il look “urban style”, i berretti con la visiera larga, le tute acriliche vintage e gli scarponi da ginnastica ai piedi. Zio Ziegler, giovane astro nascente della street art californiana, si presenta più come un tranquillo studente di un college americano. Eppure, dietro quell’abbigliamento casual da “bravo ragazzo”, si cela uno dei più promettenti artisti d’oltreoceano, le cui opere hanno raggiunto quotazioni importanti: si va dagli 800 euro per un piccolo quadro su tavola (20×20 cm) fino a 18mila euro per le tele più grandi (244×183 cm); i murales per committenti privati invece hanno un valore che si aggira attorno ai 30mila euro.
Gli spazi della galleria Antonio Colombo Arte Contemporanea di via Solferino a Milano accolgono la prima mostra personale di Ziegler in Europa, visitabile fino al 6 giugno prossimo. Un viaggio attraverso la sua weltanschauung, formatasi tanto nella street art, quanto nella tradizione del Modernismo europeo (da Braque a Picasso, fino a Leger), ma con influenze che provengono anche dalla letteratura, dal teatro e soprattutto dalle forme organiche della natura.
“Non volevo diventare un’artista – racconta Ziegler – ma nella vita probabilmente non avrei saputo fare altro. È stata un’evoluzione spontanea”. Un percorso formativo che lo ha portato oggi a essere riconosciuto per i suoi enormi dipinti murali caratterizzati da figure antropomorfe rigorosamente in bianco e nero, disseminati in tutta la Baia di San Francisco e persino nel quartier generale di Facebook, a Menlo Park. Un suo murales è presente anche negli spazi del passante ferroviario della stazione di Repubblica a Milano.
Ma Zio Ziegler non lavora soltanto con i “graffiti”. In studio infatti la sua opera si fa più “ragionata”, insiste molto sul linguaggio, mantenendo al contempo un approccio istintivo, primitivo, dove dominano i colori accesi e i pattern fitti e dettagliati. I suoi lavori non sono mai progettati, ma nascono sempre in conseguenza di un percorso emotivo. “I più grandi dipinti non sono stati realizzati sotto la pressione dello zeitgeist, ma provengono dal vuoto della mente” afferma l’artista, che poi aggiunge: “I dipinti oggi non sono ricordati per la loro rilevanza popolare come un tempo, o per le scritte sui muri o per il loro acume critico, ma piuttosto per la propria onestà e presenza. Sono privi di errori quando si mescolano con la scienza, ma l’errore è ciò che parla della condizione umana e permette quindi loro di essere ricordati”.
“Et in Arte Ego”, titolo del progetto realizzato per la galleria Colombo, è in qualche modo rappresentativo di questo processo creativo. Prendendo spunto dal motto “Et in Arcadia Ego” – una sorta di memento mori che appare nei titoli di alcuni dipinti di Nicolas Poussin – Ziegler riflette sul ruolo dell’ego nell’arte e sui dubbi che attanagliano la persona e l’artista, poiché, come afferma lui stesso, “death and self doubt are synonymous in painting”.
di Luigi Piscitelli