A NOI IL VINO PIACE DAVVERO

vino
22 ottobre 2012

“Imbottigliato da…” oppure “prodotto all’origine da…” o ancora “prodotto e imbottigliato da…”. Che differenza c’è tra queste terminologie apparentemente simili?

Le statistiche ci dicono che In Italia esistono circa 60mila aziende vitivinicole, un mercato dunque altamente frammentato nel quale esistono poche “industrie” (essenzialmente le grandi cantine sociali e qualche operatore privato), pochi produttori di grandi dimensioni (che cioè superano i 50 milioni di euro di fatturato), un certo numero di produttori di media grandezza e un numero molto elevato di piccoli produttori. Occorre poi fare attenzione ai termini: quando si parla di azienda vinicola non si distingue tra soggetti che producono uva per poi conferirla e soggetti che invece coprono l’intero processo fino all’imbottigliamento. Parlando poi di imbottigliatori dobbiamo ricordarci che esistono diverse realtà che, pur producendo bottiglie di vino, non hanno nemmeno un ettaro di vigna. Tutto ciò genera molta confusione nel consumatore e, a mio parere, molti operatori tendono a sfruttare a proprio vantaggio tale situazione aiutati, anche, da un insieme di norme e regole che di certo non semplificano la comprensione del sistema in generale. Fino a qualche anno fa il mercato vinicolo italiano era composto fondamentalmente da due categorie: gli industriali-imbottigliatori e i veri produttori. Cominciamo dalla definizione delle due categorie per avviare un discorso di semplificazione descrittiva. L’industriale-imbottigliatore è il soggetto che compra uva da con feritori esterni e, attraverso un proprio impianto di vinificazione, invecchiamento e imbottigliamento, compie il processo di produzione, arrivando a commercializzare la bottiglia di vino. Produttore è invece colui che cura la propria vigna, possiede una cantina di vinificazione e invecchiamento e produce direttamente la bottiglie di vino, attraverso una propria linea di imbottigliamento oppure, dove possibile, affidando a un operatore esterno quest’ultima fase della produzione. Questa distinzione si traduce in termini concreti e si legge chiaramente nel retro etichetta: il prodotto industriale viene identificato con l’indicazione “Imbottigliato da” cui segue il nome dell’azienda – o addirittura un insieme di cifre che stanno a indicare il registro di imbottigliamento dell’imbottigliatore – mentre il produttore appone l’indicazione “Imbottigliato all’origine da” oppure “Prodotto e imbottigliato da”. Appare chiaro come nel primo caso il vino sia un prodotto della cantina e l’uva rappresenta solo la materia prima utilizzata, mentre nel secondo caso il processo inizia dalla cura e della dedizione posta in vigneto: in questo caso la funzione agronomica ha la stessa dignità di quella enologica e tutto il processo è sotto il controllo del produttore. A dire il vero le grandi aziende-industrie italiane si vantano di avere team agronomici numerosi che supportano l’attività dei conferitori d’uva, controllandone l’attività agronomica. Questo sarà anche vero, ma è un argomento che non riesce a convincermi del tutto. In ogni caso negli ultimi 15-20 anni la distinzione di cui abbiamo detto si è fatta sempre meno netta in quanto gli imbottigliatori sono divenuti anche produttori anche solo di parte della propria produzione e molti, troppi produttori diventati industrie-imbottigliatrici. Tutto ciò ha generato ancora più incertezza e confusione nel mercato al consumo. Oggi operano indifferentemente le seguenti categorie:

1. Imbottigliatori Puri, che non possiedono vigneti, non comprano uva, ma fanno vino. O meglio lo comprano già fatto e lo imbottigliano con propria etichetta. Controllo qualitativo? Domanda superflua (ahimè molti vini che si trovano nei supermercati provengono da aziende di questo tipo).

2. Imbottigliatori-Produttori, normalmente hanno vigneti di proprietà e, insieme, comprano l’uva dai propri conferitori. Si tratta delle grandi cantine sociali (GIV, CAVIT, Settesoli, Ermes) e di alcuni nomi storici di aziende private (Ruffino, Zonin). Possono vendere sia sfuso che proprie etichette. La scelta dell’imbottigliatore che diventa anche produttore può avere un valore strategico: l’acquisto di vigneti di proprietà è sicuramente finalizzata a migliorare la qualità della propria produzione anche se ciò può risultare inefficace in generale nel momento in cui la propria massa, selezionata e ritenuta di buona qualità, viene mischiata con quella acquistata. Occorre quindi un approfondito controllo della produzione dei propri conferitori, imponendo sistemi di controllo in vigna e standard agronomici che i conferitori devono seguire. I vigneti di proprietà contribuiscono alla produzione generale della cantina (ad esempio la famosa Riserva Ducale Tradizionale di Ruffino, il Chianti Classico Riserva più venduto al mondo, viene in parte da vigneti di proprietà di Ruffino ed in parte da uva conferita alla cantina da fornitori esterni) ma possono anche formare una produzione esclusiva, rientrando così nella categoria del produttore puro (così ad esempio si può distinguere tra un brand Zonin e uno delle tenute di Zonin sparse nel mondo che vengono comunicate con il proprio nome come fossero realtà – e lo sono – autonome e indipendenti).

3. Produttori-Imbottigliatori, è la categoria cresciuta di più negli ultimi anni e quella che io critico maggiormente. Nascono e si affermano come produttori, legati al proprio territorio, vocati all’altissima qualità e, una volta affermati, usano la loro reputazione per aumentare i volumi di vendita immettendo sul mercato vini prodotti in maniera drasticamente diversa da quelli che li hanno affermati, divenendo cioè imbottigliatori puri o quasi. Il riferimento principale è Antinori. Il produttore toscano sì è affermato attraverso un portafoglio di grande qualità: prodotti come il Solaia e il Guado al Tasso sono esempi di altissimo pregio e l’Italia del vino deve ringraziare il Marchese per aver portato così in alto l’immagine del vino italiano. Accanto a ciò vorrei tuttavia indicare altri vini la cui storia è un po’ diversa:

• TIGNANELLO: vino venduto in enoteca tra i 55 e gli 80 euro (quest’ultimo ad esempio il prezzo sullo scaffale del duty free shop di Malpensa) e venduto dal produttore a circa 32 euro+IVA… Sul retro l’indicazione è “Imbottigliato da…”. Sì è proprio così, una bottiglia di vino la cui uva proviene da chissà dove in Toscana, costa così.

• VILLA ANTINORI: è Chianti Classico fino all’annata 2003, poi magicamente si è trasformato in IGT Toscana… alla faccia di chi dice che un vino, fin dal momento in cui nasce, porta con sè un suo pedigree. O meglio fino al momento in cui le vendite superano le previsioni, il produttore non ha sufficienti vigneti in zona di produzione e, quindi, si sceglie di cambiarne la denominazione per poter comprare uva in un territorio più ampio.

• SANTA CRISTINA: in tutti i supermercati questo vino aveva un’etichetta inconfondibile. La parte superiore riportava la scritta del vino e un’etichetta inferiore l’indicazione ANTINORI: come dire, «fidatevi della qualità, anche se il vino costa poco ed è al supermercato ». Oggi il Santa Cristina, avendo raggiunto grande successo commerciale, esce con un nuovo packaging nel quale ogni riferimento ad Antinori è scomparso, quasi che il produttore si vergognasse di comunicare la proprietà di questo vino. Ora Antinori è solo un esempio, preso per la fama del produttore e perché ritengo esso sia il migliore esempio del produttore che diventa industriale sfruttando la fama e la reputazione del proprio nome. È come se la Ferrari si mettesse a fare una utilitaria sfruttando la propria brand awarness: se così facesse, tutti darebbero a Marchionne del matto e verrebbe licenziato in tronco. Nel settore vinicolo, invece, molto più difficile da comprendere dal consumatore per quanto appassionato, questa scelta strategica è vincente: nomi noti come Frescobaldi, Banfi (che è diventato l’imbottigliatore del Brunello) in Toscana, Masi, Bolla, Allegrini, Bertani in Veneto, Planeta, Donafugata, Firriato, Tasca in Sicilia sono solo alcuni nomi. A ciò si deve aggiungere il fatto che questa reputazione è anche il frutto di meticolose relazioni che negli anni questi produttori hanno intrattenuto con la stampa di settore e con investimenti pubblicitari di non poca rilevanza. Non sta a me aggiungere  altre conclusioni, ci sono già sentenze della magistratura passate in giudicato che spiegano bene il concetto.

 di Alessandro Costantini (Wineoclock Founder)

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