ALBERGHI COME SCENOGRAFIE

architettura
05 ottobre 2013

L’architetto Gianfranco Mangiarotti realizza strutture alberghiere di grande impatto visivo che nel disegno progettuale prendono spunto dalla sua esperienza lavorativa come scenografo.

Una pennellata di nero immersa nel verde. Si presenta così il Black Hotel di Roma, situato nelle vicinanze della strada consolare Aurelia, una delle opere più recenti e d’impatto create da Gianfranco Mangiarotti. Un progetto che ha un che di scenografico, un punto di rottura rispetto ai canoni delle strutture alberghiere già esistenti nella zona, vicine per immagine alle realtà commerciali limitrofe e dunque piuttosto anonime. E nella realizzazione di questo come di altri hotel, non può non aver pesato la formazione di questo architetto nato a Trapani sul finire degli anni ‘60, che agli inizi della sua carriera è stato assistente scenografo del professor Pietro Carriglio, direttore artistico del Teatro Biondo Stabile di Palermo. “L’esperienza maturata e l’insegnamento di Carriglio – racconta Mangiarotti – mi hanno allenato alla costante ricerca della sintesi, di esprimermi con pochi segni decisivi, di forte impatto e di chiara riconoscibilità nell’ambito generale di un progetto. In questo riconosco il mio debito al Maestro (così ero abituato a chiamarlo) per avermi dato gli strumenti basilari nella ricerca di un proprio linguaggio, di un proprio metodo di lavoro che con il tempo ovviamente si è arricchito di nuove esperienze culturali, mirando sempre alla sintesi e alla riduzione massima dei segni rappresentativi del mio lavoro”. Laureatosi al Politecnico di Milano, sin dal 1989 l’architetto trapanese ha iniziato a lavorare nella progettazione, direzione lavori, ristrutturazione e arredo d’immobili adibiti ad albergo, tra cui il Lloyd’s Baia Hotel, il Park Hotel Ravenna, il Mazzarò Sea Palace e l’Ara Pacis Hotel Roma. Un’esperienza ultraventennale che lo ha portato a divenire uno dei più apprezzati professionisti del settore. Proprio il già citato Black Hotel rappresenta uno dei pezzi forte della sua personale ’collezione’ che, come afferma lui stesso, “piace o non piace, non ci sono zone grigie”.  “D’accordo con una committenza oculata e intelligente – spiega Mangiarotti – si è scelto di puntare su un’idea generale forte che diventasse il tema dominate con il quale creare dei decisi punti di distacco dalle altre strutture ricettive e diventare quindi un ‘unicum’ in questo quadrante di Roma”. Da qui, è nata la mia idea di giocare tutto su un messaggio diretto, il colore, di forte impatto emotivo, e senza tentennamenti. “Il nero è declinato in ogni sua possibile applicazione – prosegue l’architetto – la facciata, i materiali della hall, dei corridoi, la stessa piscina rivestita da un bellissimo mosaico di grande effetto. A cinque anni dall’inaugurazione e dopo aver attraversato anche un periodo di crisi nel settore, la storia mi ha dato ragione: l’albergo ha mantenuto inalterata la propria fascia di clientela malgrado la crisi dei prezzi abbia spostato gli utenti verso il centro città”. Ma il progetto che forse più di tutti evoca suggestioni teatrali è senza dubbio quello dell’Hotel Cetarium. L’antica tonnara di Scopello, nella Riserva na- turale dello Zingaro a Castellammare del Golfo in provincia di Trapani, fa da palcoscenico a quest’albergo che si affaccia sul mare, in uno scorcio paesaggistico assolutamente coreografico. “Per svariati motivi questo è un progetto che ho nel cuore: si trova nel luogo delle mie origini, è stato uno dei posti dove giocavo da bambino, in quel mare antistante ho imparato a nuotare”, rammenta Mangiarotti. Poche frasi per sottolineare come l’aspetto emotivo abbia influenzato l’approccio progettuale, almeno nella sua fase iniziale. La prima reazione, dopo una visita sul luogo, all’interno di spazi abbandonati, ma pur sempre risalenti in parte anche al 1500, è stata quella di intervenire il meno possibile – prosegue l’architetto – non lasciare segni evidenti del progetto di trasformazione ad albergo, rispettare l’antica tonnara senza alterare eccessivamente la fisionomia originaria. Ma con il tempo e le dovute precauzioni, con la consapevolezza che il progetto dava una nuova linfa vitale a un immobile in abbandono, ho deciso che era arrivato il momento di intervenire. Col bisturi, ma intervenire. Ogni nuovo segno è stato volutamente denunciato, cercando di farlo con una sorta di discrezionalità cromatica, utilizzando il marrone bruciato, che ha interessato buona parte dei nuovi elementi aggiunti dal progetto: ringhiere, cancellate, scale, passerelle in ferro e volumi sospesi sono stati trattati come una sorta di partitura musicale, secondo precise declinazioni di pieni e vuoti che lasciano intravedere, dove necessario, il mare così prossimo all’edificio”. Oggi la sua attività professionale si è spostata prevalentemente sul campo della residenza, e attualmente sta lavorando ad alcuni progetti tra cui un grande open space a Tel Aviv e un’interessante casa nel centro storico di Sperlonga, “Ovviamente non ho tralasciato, l’interesse per l’attività progettuale legata agli alberghi – conclude Mangiarotti – occupandomi della ‘rinascita’ di una struttura ricettiva oggi in decadenza, ma a mio avviso con grandi potenzialità, situata lungo una delle arterie di scorrimento più importanti di Roma: una sfida che ho raccolto con grande interesse e a cui mi auguro di poter rispondere con altrettanta professionalità”.

di Luigi Piscitelli

 

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