Come una poesia: la potenza della leggerezza

stART & go
20 gennaio 2015

“Vorrei che la mia anima ti fosse
leggera,
che la mia poesia ti fosse un ponte,
sottile e saldo,
bianco
sulle oscure voragini
della terra.”

Vibrano, colpiscono, emozionano. Sono immagini di una forza straordinaria, quelle in cui Francesca Della Toffola rappresenta se stessa come essere travolto nella natura, in un’osmosi panica con il creato.
I suoi “Accerchiati incanti“, fotografie di formato circolare, hanno la densità espressiva della pittura preraffaellita, di cui richiamano l’atmosfera, e incarnano l’anelito alla leggerezza più assoluta. Ma “Come una cosa della terra” (mostra che l’artista presenterà alla Galleria Melesi di Lecco il 31 gennaio) è qualcosa di più: è la storia di un incontro e di un amore a prima vista, divenuto da subito fonte inesauribile di ispirazione. Si tratta di Antonia Pozzi, poetessa italiana che ha vissuto troppo poco (dal 1912 al 1938), ma le cui parole sanno ancora suscitare emozioni profonde, come attestano alcune opere di Della Toffola, nate – o rinate – nel solco tracciato dai suoi versi.

In attesa dell’inaugurazione, abbiamo rivolto qualche domanda all’artista:

Come nasce l’incontro con la poesia di Antonia Pozzi?
Quando si parla di Antonia bisogna parlare di coincidenze.
Nell’aprile 2013 durante l’inaugurazione della mia mostra fotografica “The black line series” da Spini Arte, ho conosciuto Nicoletta Orlandi, allora Assessore alla Cultura di Pasturo, accompagnata dal mio amico fotografo Luigi Erba. Entrambi mi parlarono di Antonia Pozzi dicendo che c’era qualcosa che ci legava… non solo la passione per la fotografia e la laurea in Lettere, ma le immagini nuove, quei cerchi ambientati nella natura che richiamavano le parole di Antonia.
Rientrata a casa sono corsa in biblioteca:

“Ma noi siamo come l’erba dei prati
che sente sopra sé passare il vento
e tutta canta nel vento
e sempre vive nel vento,

eppure non sa così crescere
da fermare quel volo supremo
né balzare su dalla terra
per annegarsi in lui.”

Questi sono stati i primi versi letti che mi hanno, da subito, emozionato.
Mi sono sentita tremare: ho pensato alle mie immagini, ad “Accerchiati incanti”, in particolare a quegli autoscatti realizzati sull’erba… come mi sono sentita vicina ad Antonia, a quella poetessa che non conoscevo ma che in un momento diveniva famigliare, intima! Io e lei, in un istante fotografico, un’unica figura.
Questo fu il primo incontro con Antonia Pozzi, con la sua poesia, con il suo mondo.

In che modo questa scoperta ha influenzato la sua produzione?
Più avanti, accompagnata dall’amica Nicoletta Orlandi, sono stata a Pasturo, nella sua stanza, ho respirato le sue cose, i suoi disegni, i libri, gli oggetti. Sono, così, tornata a riguardare tutto il lavoro fatto sui cerchi: tra tutte le fotografie realizzate dal 2010 all’aprile 2013 ho trovato alcuni autoritratti sulla neve del febbraio 2012 che avevo scartato, messo da parte. In quel preciso momento cominciavano ad avere un senso: la coincidenza con l’ultimo giorno di Antonia a Chiaravalle tra la neve mi fece tremare di nuovo. Era arrivato il momento di lasciarsi attraversare, con piena consapevolezza, dalle parole di quest’anima inquieta. Da qui nascono nuove immagini e la raccolta omaggio “Come una cosa della terra”, esposta a Febbraio 2014 anche a Treviso, allo Spazio Paraggi. L’amore per la natura, per le creature dei boschi, dei laghi, della terra, questo è ciò che lega le nostre anime. Le mie immagini, la mia persona, vengono attraversate dalle sensazioni più intime di Antonia Pozzi. Al centro la terra, che ci rende universali: esseri del mondo e nel mondo che abbracciano la terra, che desiderano tornare alla terra per ritrovare le proprie radici.

La sua immagine immersa nella natura ha qualcosa di profondamente sconvolgente, quasi inquietante: che emozioni vuole trasmettere con queste fotografie?
Per me la fotografia è poesia con la quale cerco di comunicare la mia visione del mondo.
La mia fotografia vuole essere espressione del mio modo di sentire, rimanda continuamente al mio vissuto. Non solo utilizzo spazi e oggetti conosciuti ma il mio stesso corpo. Nei miei lavori è presente il tema della “leggerezza come reazione al peso del vivere”, come “libertà da ogni forma di costrizione” (italo Calvino).  Scegliere di far piano piano scomparire il corpo, a volte ingombrante e soffocante, significa per me trasparire, diventare leggera, volare, liberare la mia parte interiore.
Con “Accerchiati Incanti” la fusione è avvenuta completamente: noi facciamo parte della terra, siamo nella natura. E’ semplicemente questo che vorrei trasmettere, parlare della nostra fragilità, della nostra impotenza: siamo esseri di passaggio.

  • Chiara Martinoli

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