Un’espressione, quella del titolo che ben si addice tanto alla struttura, l’Hotel Helvetia&Bristol di Firenze, quanto al suo ristorante, l’Hostaria Bibendum.
Il primo perché nonostante gli anni (l’albergo è stato fondato nel 1883) continua a offrire ai fiorentini e ai molti turisti, soprattutto inglesi, uno stile di classe, molto raffinato anche se leggermente retrò in un’epoca dominata dalla linee essenziali, dai colori puliti e quasi freddi e dalle connessioni infinite; il secondo perché ha scelto alla direzione della cucina un giovanissimo, Roberto Cordisco, che, dopo alcune prestigiose esperienze di successo (Gualtieri Marchesi, Carlo Cracco e Annie Feolde del 3 stelle Michelin toscano Enoteca Pinchiorri) ha puntato su una cucina ben costruita, ma tradizionale, dove l’ingrediente conserva ancora appieno tutto il suo valore.
Entrambi non ricercano (e non rincorrono) le tendenze moderne, ma si attengono a uno stile esistente, consolidato, seppur rinnovato nella cura e nel dettaglio: nei corridoi e nelle stanze dell’Helvetia si respira la stessa raffinata eleganza di quando ad abitarlo e a goderne la strepitosa vista sui tetti di Firenze (per periodi ben più lunghi di quelli concessi oggi ai turisti) erano personaggi del calibro di Pirandello, Montale e De Chirico. Nella carta dell’Hosteria Bibendum invece si distinguono piatti come il caciucco, ricetta tipica della cucina livornese che nulla ha a che vedere con la versione delle trattorie lungo il porto. Gli ingredienti sono selezionati con intelligenza, cotti alla perfezione e presentati come con estrema semplicità, quella stessa che contribuisce a fare del piatto una novità. Niente tecniche elaborate, in nessuno dei piatti stagionali, anche se siamo convinti che lo chef possa metterle in campo, solo gentilezza e precisione. Che siano la nuova frontiera della cucina e dell’ospitalità italiana?
- di Barbara Carbone
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