Il futuro dell’arte

musei & gallerie
12 marzo 2012

Mescola ieri e oggi, si avvale di giovani che guardano il passato per valorizzare il contemporaneo, aiuta il pubblico a entrare in una nuova dimensione. Dove le opere si vedono, si toccano e si sognano.

Hanno atteso il loro Museo per oltre 50 anni, ma alla fine, lo hanno avuto, e oggi possono ben dirsi orgogliosi del risultato. “Nei primi dall’apertura mesi abbiamo registrato oltre 350.000 ingressi, per la maggior parte italiani e credo in larga misura milanesi, i veri destinatari di questo importante progetto” ricorda Marina Pugliese, direttore del Museo del Novecento. 42 anni, genovese di nascita, ma milanese di adozione, Marina Pugliese ha vinto il concorso ed è diventata Conservatore responsabile delle collezioni di arte del XX secolo per il Comune di Milano nel 2000, lo stesso anno in cui Italo Rota e Mario Fornasari hanno vinto la gara per la costruzione del Museo. “Una coincidenza che mi ha permesso di seguire tutto fin dall’inizio, dai lavori di archivio a quelli di restauro, dalle scelte architettoniche a quelle espositive, entrando fin da subito nel cuore del progetto, che ho sempre considerato un grande progetto, destinato a durare nel tempo e diventare un tassello importante nel tessuto culturale italiano – continua Pugliese – le opere che sono entrate a far parte del Museo (quasi 400 tra le oltre 4.000 della collezione) rappresentano un patrimonio immenso, di enorme valore nel panorama dell’arte italiana del ‘900: ci sono voluti sette anni per catalogare e digitalizzare tutto, ma ne è valsa la pena soprattutto nel momento in cui si è trattato di dover integrare alcuni momenti o artisti poco presenti. In questo sono stati fondamentali il supporto e il contributo dell’Università degli Studi di Milano e di quella di Udine, oggi tra le più all’avanguardia nel nostro paese in campo artistico”. Tutto il Museo ha un’aria demodè, quasi d’altri tempi che da un lato ben si inserisce nel contesto di Palazzo dell’Arengario e dall’altro “stride” nei confronti del nuovo progetto voluto da Rota e Fornasari: se la rampa a spirale inserita nello spazio verticale della torre e la passerella sospesa che collega il Museo a Palazzo Reale rappresentano soluzioni innovative e all’avanguardia, capaci di proiettare i visitatori in una dimensione inaspettata, la scelta e la disposizione delle opere, rigorosamente cronologica, indicano la precisa volontà di collocare la struttura tra quelle destinate a durare nei secoli, capaci di rendere “eterna” una fetta di storia dell’arte italiana. “È curioso notare come alla costruzione di un simile progetto abbia contribuito uno staff molto giovane: al mio fianco fin dal 2000 hanno lavorato Danka Giacon, Iolanda Ratti e Laura Riva, un team femminile sbarcato al Museo direttamente dall’Università – continua Pugliese. – Un background, fondamentalmente istituzionale, che ci ha permesso di costruire insieme una base solida, duratura e rappresentativa in termini artistici per costruire un Museo. Certo sono state necessarie alcune integrazion rispetto ad artisti o a correnti/movimenti, ma si è trattato di piccole cose e il nostro accurato lavoro di ricerca su questo fronte è stato fondamentale”. Pugliese che prima di arrivare a dirigere il Museo è stata docente di Museologia del Contemporaneo all’Accademia di Belle Arti di Brera, ha scritto numerosi testi sul rapporto tra arte e spazio pubblico come L’arte pubblica nello spazio urbano. Committenti, artisti, fruitori (Bruno Mondadori, 2007): “sono certa che molti dei miei studi possano essere di grande utilità per sviluppare progetti all’interno del Museo. La scelta di determinati artisti piuttosto che le modalità di espressione di alcuni di loro, come sta accadendo dallo scorso aprile con l’iniziativa Primo piano, permettono al pubblico della città di entrare a far parte di un mondo spesso considerato distante e troppo alto: toccare con mano il concreto lavoro di chi sta creando rappresenta un valore aggiunto che abbiamo voluto offrire ai nostri visitatori per comprendere sempre meglio l’arte moderna e contemporanea”. Se dovesse confessare cosa l’affascina o l’ha affascinata di più nel mondo dell’arte… “Sono una grandissima ammiratrice dell’arte fiamminga, della sua minuziosa lavorazione: mi entusiasma comprendere a fondo le tecniche che sono alla base di un’opera; lavorando alla realizzazione del Museo, tuttavia. mi ha divertito moltissimo ripercorrere le tappe del Gruppo T fondato nel 1959 a Milano da Giovanni Anceschi, Davide Boriani, Gabriele De Vecchi, Gianni Colombo e Grazia Varisco: si trattava di una ‘mancanza’ nel percorso generale che ho cercato di colmare ricostruendo i quattro ambienti di arte cinetica che oggi si trovano nella nuova ala di Palazzo Reale”.

di Barbara Carbone

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