Il collettivo Resign ha inventato il “designer a domicilio”, che si reca direttamente in casa del cliente per individuare come riutilizzare oggetti altrimenti destinati a essere gettati via.
Un progetto giovane e creativo, che invita a usare la fantasia e il pensiero laterale. Si tratta dell’iniziativa del collettivo Resign del “designer a domicilio”, una nuova figura in grado di riportare in vita oggetti destinati alla pattumiera. A raccontarlo è Antonello Fusé, 27 anni e una laurea in Industrial Design.
Come nasce l’idea di Resign?
Resign nasce come meta-progetto, proponendosi di ri-progettare il modo di fare design abbandonando le logiche della produzione in serie.
In tempi di crisi non si butta nulla. Quanto sta funzionando il vostro progetto?
Funziona bene e funziona male, talvolta con la stessa persona. Tutti stanno prendendo coscienza che un cambiamento non è soltanto necessario, ma anche salutare, ma di base siamo ancora troppo viziati dal consumo.
Ad oggi, che tipo di persone vi hanno contattato?
Non c’è un cliente tipo, principalmente si tratta di professionisti, studenti, curiosi… direi che l’unico tratto che li accomuna è l’empatia nei nostri confronti.
Un paio di esempi di oggetti riportati a nuova vita.
Gli interventi di designer a domicilio sono stati tra i più disparati. Delle vecchie cassette in plastica di un fruttivendolo milanese sono state rialzate con dei piedini e gambe in legno che provenivano da tavoli e comodini rotti; un intervento semplice che le ha slanciate più di un tacco 12!
Poi ci sono casi quasi disperati, ad esempio un ventilatore per cui esteticamente c’erano poche speranze è stato tramutato nel cubo del vento, un parallelepipedo mobile che gira leggero per la casa come la brezza che emana.
Come vengono ripensati gli oggetti? Privilegiate l’estetica o la funzionalità?
Privilegiamo le persone. Ogni trasformazione parte dal dialogo: entriamo in casa di sconosciuti che ci aprono la porta e ci accolgono, dobbiamo cercare di capirli e salvare gli oggetti che amano.
Esiste un qualche designer a cui vi siete ispirati?
Ci sentiamo più ispirati da figure come i musicisti, gli scrittori, i comici e dagli artigiani con cui collaboriamo. Abbiamo molta ammirazione per alcuni dei nostri colleghi, ma solitamente non pensiamo al design mentre facciamo design.
Pensate che un progetto simile potrebbe avere successo nel resto d’Europa?
La realtà è che abbiamo più riscontro all’estero, lo tastiamo con mano durante la Design week e nella nostra casella mail, dove le richieste di collaborazioni arrivano spesso dal Nord Europa. Vorremmo esportare la nostra Resign Academy, ma speriamo di non essere costretti ad esportare noi stessi.
di Marzia Nicolini