IN RICORDO DI NINO MUSTICA

arte | artisti
17 gennaio 2018

In ricordo del grande Nino Mustica, riproponiamo una sua intervista rilasciata qualche anno fa. Un artista in grado di dar vita a una pittura concreta ma in movimento, in un mosaico nel quale si intrecciano la materia e le forme dell’architettura.

Entrando nella casa-atelier di Nino Mustica, si ha l’incredibile sensazione di trovarsi nella sua stessa mente: grande, spaziosa e colorata, l’abitazione dell’artista è una sorpresa unica e continua, proprio come le sue idee.
Nato ad Adrano, in provincia di Catania, Nino Mustica ha vissuto in moltissime città di tutto il mondo, insegnando e dipingendo. La sua pittura è inizialmente figurativa, poi si fa via via sempre più astratta; fino al 1994, l’anno della grande svolta, quando la pittura da bidimensionale passa a 3D. Con l’aiuto della tecnologia, Mustica ha regalato al mondo dell’arte le prime sensazionali pitture tridimensionali, da lui chiamate “Evoluzioni Pittoriche”, forme e colori espressi nello spazio. Ma è solo una prima tappa: la vera svolta arriva quando Mustica incontra l’architettura: da tridimensionali le sue pitture diventano spazi per le persone, grandi e vivibili, ma pur sempre, secondo la sua visione dell’arte, pitture. Non si può far altro che rimanere totalmente affascinati dall’eleganza innovativa del progetto Mustica Tower: un grattacielo fatto da piani in grado di ruotare su se stessi e traslare in tutte le direzioni, ognuno indipendentemente dall’altro. È cambiata la concezione della città: non più un fermo e stabile agglomerato di case, ma un fluido e costante movimento di palazzi, forme e colori che insieme danno vita a uno skyline eternamente differente.
Questo è Nino Mustica, ricerca continua e inesauribile, anche perché, come lui stesso ribadisce: “se non spazia in tutti i campi, che arte è?”. Allarga le braccia e, prima che inizi a porgli le domande, aggiunge: “Il giorno che mi ripeterò, smetterò”.

Le “Evoluzioni Pittoriche Tridimensionali” le hanno permesso di entrare in un campo artistico completamente nuovo: che cosa le ha suggerito l’idea di usare il computer come mezzo di espressione artistica?
Nel 1994 arrivarono in Italia i computer “Silicon”, dove girava il primo programma 3D che si chiamava Alias; ho capito immediatamente che tipo di possibilità dava questo programma e ho subito immaginato di poter portare la pittura dal bidimensionale al tridimensionale, come da tempo desideravo.

In molti sono rimasti perplessi riguardo la sua concezione di pittura tridimensionale, si pensava che si trattasse di scultura
E invece non è così: io dipingo nello spazio e in assenza di gravità, lavorando con il colore a 360° e in tutte le direzioni. Sono un pittore, non uno scultore. Gli under 40 lo capiscono subito, gli over rimangono perplessi.

Con l’introduzione dell’uso del digitale, è cambiato qualcosa nel suo modo di concepire l’arte e la pittura?
Nelle mie opere ho sempre usato insieme ragione e istinto, per me non è cambiato niente: io seguo la tecnologia, perché altrimenti non sarei più un artista contemporaneo, ma la mia concezione di pittura non è mai mutata. Sono cambiati gli strumenti: lo schermo è diventato la nuova tela e il mouse il nuovo pennello. Io credo nell’evoluzione scientifica. Credo in tutto ciò che è dimostrabile e che si può fare. Al resto non credo.

Quando è avvenuto il passaggio dal computer all’architettura?
Nel 2000 è stata inventata, come avevo da tempo previsto, una macchina stereolitografica, in grado cioè di tradurre fisicamente un progetto 3D virtuale. Vedendo concretizzate le mie forme colorate, ho immaginato di ingrandirle, fino a renderle opere architettoniche. Ma io non sono un architetto, sono un pittore. Le mie architetture sono concetti, non progetti.

Eppure per Mustica Tower le possibilità di realizzazione c’ erano…
Certo, ma poi è subentrata la crisi e il progetto è stato rimandato. Ad ogni modo per la creazione mancano gli studi di ingegneria.

Da dove ha preso lo spunto per l’ideazione di Mustica Tower?
Avevo costruito per una fiera le “Pitture Infinte”, installazioni costituite da parallelepipedi colorati posti uno sull’altro che ruotano e traslano sorretti da un asse: l’idea del grattacielo mi si è presentata immediatamente. Sono andato a parlare con alcuni architetti chiedendo se fosse possibile progettare la costruzione di edifici dotati di “roto-traslazione”, ma loro non capivano di che cosa stessi parlando, perché non esisteva nulla del genere. Io non capivo la loro perplessità, perché davo per scontato che la “roto-traslazione” esistesse: e invece, senza volerlo, la avevo appena inventata io. Certe volte l’ignoranza è creativa!

Vedi anche: http://foolmagazine.com/nino-mustica-al-gam-di-genova/

di Chiara Martinoli

 

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