INVESTIRE IN CULTURA CONVIENE

mercato dell’arte | musei & gallerie
12 marzo 2012

Negli ultimi anni sono nati numerosi poli museali che hanno ampliato il panorama artistico italiano e promosso all’estero un’immagine del nostro Paese più contemporanea e all’avanguardia. Nonostante questo sono diminuiti i fondi per i beni culturali.

L’Italia non è un paese produttore di materie prime, né possiede una vocazione industriale capace di farla rivaleggiare, in un mondo globalizzato, con le nuove potenze emergenti. Il suo petrolio, secondo alcuni, si chiama cultura. Un concentrato di arte e storia che nei secoli ha trasformato il Belpaese in una sorta di “museo a cielo aperto”, sedimentando in questa sottile striscia di terra posta al centro del Mediterraneo una quantità tale di capolavori per certi versi “immeritati”, per dirla con un’espressione usata da Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella nel loro ultimo libro-inchiesta Vandali. Eppure, ancora oggi, soprattutto a livello istituzionale, c’è chi continua a non capire (o a far finta di non capire) l’importanza di questo patrimonio, in primo luogo dal punto di vista economico e occupazionale. E così, con l’approvazione dell’ultima manovra finanziaria, la mannaia dei tagli si è abbattuta pesantemente su questo settore, già attraversato da una profonda crisi strutturale. Ma nonostante la situazione non certo rosea, c’è chi continua a investire sulla cultura e in particolare sui nuovi poli museali. Negli ultimi anni, infatti, sono stati realizzati progetti importanti come il Macro a Roma e il Mambo a Bologna, tutti soggetti dedicati all’arte contemporanea, che hanno in parte colmato un vuoto nella filiera culturale del nostro Paese. Sempre nella capitale, nel 2009 è stato inaugurato anche il Maxxi, il Museo delle arti del XXI secolo. Un edificio imponente e spettacolare, progettato dall’archistar iraqena Zaha Hadid, al cui interno trovano spazio opere realizzate da artisti viventi negli ultimi dieci anni e, allo stesso tempo, alcune ricerche della generazione precedente, fondamentali per la comprensione dell’attualità. “La missione del Maxxi è stata fin dall’inizio quella di proporsi come centro di riferimento per le arti contemporanee a Roma e non solo” sottolinea Anna Mattirolo, direttrice della sezione arte. Al suo fianco lavora Margherita Guccione, direttrice della parte dedicata all’Architettura di questo che, di fatto, rappresenta una doppia esposizione permanente. “Non posso che essere soddisfatta che un contenitore d’eccezione come questo ospiti il primo museo di architettura italiano – dichiara quest’ultima. – Un’istituzione che, seguendo due direzioni distinte, una legata alla storicizzazione dell’architettura del Novecento, l’altra assolutamente contemporanea, intende rispondere agli interrogativi e alle aspettative della società attuale. Nel complesso, i due musei rappresentano una grande occasione di confronto e sviluppo per le arti, primo esempio del genere nel territorio nazionale”. Insomma, un vero e proprio centro di sperimentazione per le arti figurative del nuovo millennio che, nonostante il successo di pubblico ottenuto nei suoi primi due anni di vita, deve comunque far fronte alla carenza di finanziamenti pubblici. “Purtroppo i tagli alla cultura sono una realtà con cui conviviamo da tempo – sottolinea sconsolata Mattirolo. – Capisco che in una situazione come quella che sta attraversando l’Italia dei sacrifici vadano fatti, ma certo, da direttore non posso che testimoniare quanto lavorare così sia molto difficile. Cercheremo di far fronte a questi tagli nella maniera di sempre con cuore, impegno, strategia e soprattutto attraverso la collaborazione con altri istituti culturali sostenendoci a vicenda. Dicendo questo penso al Philadelphia Museum of Art con cui è stata coprodotta la mostra su Michelangelo Pistoletto o alla Fondazione MusicaperRoma per Expanded Video, solo per citarne alcuni». Chi invece si accinge a celebrare i suoi primi dieci anni di attività è il Mart, il Museo d’arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, ormai divenuto un punto di riferimento nel panorama nazionale e anche oltre confine. Una posizione di primo piano consolidata nel corso degli anni anche grazie alle eccellenti relazioni internazionali, come dimostra la splendida mostra recentemente inaugurata e intitolata La rivoluzione dello sguardo, che raccoglie 75 capolavori impressionisti e post-impressionisti provenienti dal Musée d’Orsay, alcuni esposti in Italia per la prima volta, tra cui la commovente Origine del mondo di Gustave Courbet. “Pur avendo subito dei tagli, siamo in una posizione di riguardo – spiega la direttrice del Mart Gabriella Belli – anche grazie al fatto di trovarci in Trentino, una regione a statuto speciale. Siamo dei privilegiati, mentre altri musei hanno il fiato grosso. Uno dei problemi maggiori è l’eccessivo zelo nei cambi delle direzioni scientifiche, troppo spesso legate alla politica. La continuità nel fare progetti si spacca e ogni volta si deve ricominciare da capo. Una situazione che non si verifica negli altri paesi, dove c’è molta meno frenesia”. Esiste poi, sempre secondo Belli, un’altra lacuna importante: quella di Milano, che nel campo dell’arte contemporanea sembra, essere rimasta indietro rispetto alla stessa Roma, nonostante la recente apertura del Museo del Novecento. “Una delle caratteristiche dell’Italia – analizza ancora la direttrice del Mart – è quella di avere diversi musei sparpagliati lungo tutto lo stivale. Progetti che nascono dai territori e che rappresentano una risorsa per il Paese, facendo dell’arte un possibile traino per lo sviluppo”. Se da una parte quindi le casse pubbliche languono, inevitabile diventa il ricorso a finanziatori privati, che in questo particolare momento storico rappresentano la vera linfa vitale per molti poli museali. “Da questo punto di vista – conferma Mattiroli – il museo, sin dalla sua apertura, è stato un importante campo di sperimentazione di accordi e sinergie con investitori privati. A partire dai numerosi sostenitori del gruppo I live Maxxi fino alle collaborazioni con le grandi imprese, dialoghiamo quotidianamente con importanti soggetti privati nella definizione e ideazione di progetti sempre più ambiziosi”. Uno scenario confermato anche dalla Belli, che però lancia un grido d’allarme: “Gli sponsor privati sono divenuti ormai sostitutivi della mano pubblica, mentre il loro compito dovrebbe essere soltanto quello di affiancarla affinché si riesca a fare di più. L’arte è fortemente connessa con i finanziamenti statali, perché il museo ha in sé anche una vocazione di servizio pubblico”. In uno scenario come questo, diventa certamente difficile lavorare, ma forse una speranza può derivare da un dato significativo: alla guida di questi nuovi e importanti poli museali ci sono quasi sempre donne, che con passione e competenza riescono a organizzare iniziative di respiro internazionale. E chissà se proprio dall’arte e dalle donne possa partire un nuovo “Rinascimento” italiano, nella speranza, come afferma la stessa Martiroli, “che la cultura torni presto ad essere intesa veramente come risorsa e non come il superfluo da tagliare in caso di bisogno”.

di Luigi Piscitelli

 

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