Pietromarchi dalla Biennale: vi racconto l’Italia e le sue contraddizioni

stART & go
08 settembre 2013

Who&why:

Classe ’68, Bartolomeo Pietromarchi è figura determinante nell’indirizzo e nella promozione dell’arte contemporanea in Italia. Già curatore dell’Hangar Bicocca a Milano e del MAXXI a Roma, dal 2011 è direttore del MACRO (Museo d’Arte Contemporanea Roma). Vice versa è la sua ultima sfida, di cui va orgoglioso. Anche se Sgarbi…

 

Quattordici artisti, sette stanze, e un solo nome dai mille significati: vice versa, questo il titolo scelto per la mostra del Padiglione Italia alla Biennale di Venezia. Un nome che unifica un elemento e il suo contrario, un nome inconsistente se assoluto, ma cruciale se inserito fra due termini. Quali questi termini e quale il loro incontro? Ne parliamo direttamente con il curatore dell’esposizione, Bartolomeo Pietromarchi. Che spiega per i lettori di Fool…

“Certo il titolo è molto suggestivo, così come suggestivo, del resto, è lo stesso percorso espositivo. Ho voluto che ogni stanza della mostra fosse un luogo di incontro tra due artisti e due anime, dando luogo così a un confronto da cui scaturiscono slanci opposti e spunti divergenti. Si tratta di dicotomie inesauribili a se stesse, che cercano la realizzazione in uno spazio di conciliazione”.

Il richiamo alla realtà italiana è evidente.

“Sì, gli artisti che ho scelto sono stati chiamati qui proprio per rappresentare con la loro personale poetica l’Italia in cui viviamo, fatta di opposti e di contraddizioni che convivono nel nostro paese, nel bene e nel male”.

La mostra riunisce insieme generazioni molto distanti tra loro. In una stanza, ad esempio, sono posti in dialogo Baruchello, del ’24, e Francesco Arena, del ’78: come si conciliano le differenze di età e di esperienza?

“L’analisi di differenze e continuità tra artisti di diverse generazioni è alla base del progetto di questa mostra, che si propone di tracciare un itinerario nella storia più recente del nostro paese. Ed è bello e incredibile rendersi conto che ci sono aspetti che si ripropongono nel tempo, profonde sensibilità estetiche che accomunano e uniscono giovani e anziani. Sono addirittura convinto che se uno straniero vedesse le opere senza che gli siano state fornite indicazioni, non riuscirebbe a distinguere il lavoro giovane e quello vecchio”.

Vittorio Sgarbi, suo predecessore, ha criticato molto violentemente vice versa. Addirittura l’ha definita una “cerimonia funebre”, infossata nella storia e incapace di proiettarsi nel futuro. Che cosa risponde?

“Altro che cerimonia funebre! La mia mostra è ricca di vitalità. Si tratta di una vitalità profonda, che risiede nel rispetto verso gli artisti, nell’attenzione ai loro lavori e nell’ascolto delle diverse esigenze. Francamente parlando, questa non-vitalità l’ha notata solo Sgarbi, e nessun altro. Il suo commento non è spassionato: c’è un chiaro elemento di competitività nel suo giudizio, dal momento che è stato il mio predecessore in questo ruolo”.

Quattordici artisti, ma solo due donne: l’arte è per uomini?

“Effettivamente il contesto artistico italiano è dominato da una prevalenza maschile. Ma di certo non c’è nessun pregiudizio nelle scelte. Io mi sono basato esclusivamente sulla qualità dei lavori in sé, non sui loro autori: la sproporzione sessuale è pura casualità, per quanto mi riguarda”.

  •  Chiara Martinoli

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