un pomeriggio in arte

stART & go
22 aprile 2012

Passare il sabato pomeriggio alla IV edizione del progetto Arte Accessibile è stata una splendida trovata. La location, disegnata da Renzo Piano in persona e sede del Gruppo 24 ore, appariva perfetta per un simile evento. Come si entra, si ha subito l’impressione di perdersi, quasi di affogare tra le innumerevoli opere esposte tutte insieme. Sono tantissime, ognuna diversa, poste una accanto all’altra in un susseguirsi continuo che pare interminabile. Solo dopo un po’, con calma, si comincia a orientarsi, cogliendo l’ordine e l’intelligenza con cui ogni cosa è stata disposta. Oltre settanta stand, uno per espositore, sono collocati nel salone d’ingresso, nell’ampio cortile e nelle altre due sale presenti.

E’ un’esperienza molto bella e arricchente potersi fermare, ad ogni opera che suscita interesse, a parlare con l’artista che l’ha creata. Due chiacchiere, scambio di informazioni, tutto in un clima molto conviviale e aperto. Sono incuriosita da un’opera dall’aspetto poco chiaro e recante, ai piedi, la scritta toccami. “Tocca pure!”, mi sento dire. È l’artista, Clara Bartolini, donnina grintosa e docile allo stesso tempo, che mi invita ad accarezzare la sua creazione. “Ho pensato di dar vita ad un’esperienza multisensoriale attraverso l’arte”, prosegue quindi indicandomi altre quattro opere recanti le scritte gustami, annusami, guardami, ascoltami, tele appese alla parete e dotate rispettivamente di caramelle da staccare e mangiare, legnetti profumati, colori e pagine di giornale,  audio musicale. “Ho voluto con quest’opera trasmettere la diversità dei sensi e dell’arte. In un modo un po’ ironico, in un momento in cui c’è poco su cui fare ironia”.

Arte Accessibile è un esposizione non solo da guardare, ma anche da vivere. Performance interattive si alternano a degustazioni, in un continuo coinvolgimento del pubblico. Uscendo in cortile, sono attirata da una tela bianca interamente ricoperta di macchie colorate. L’artista, Omar Hassan, giovanissimo e caloroso, mi spiega che, sebbene lui sia l’ideatore, quell’opera è di tutti, è può essere anche mia. “Qual è il tuo colore?”, mi domanda, con lo sguardo semplice di chi cerca di attenuare il peso di quello che è in realtà un quesito difficilissimo. Scelgo il blu. Mi consegna una bomboletta e mi invita a fare una piccola macchia sulla tela, come hanno fatto, prima di me, migliaia di persone. Ora posso ritenermi anch’io un po’ artista, anche se lo sono stata per un solo, breve istante.

 

di Chiara Martinoli

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