JEROME BEL: Lasciatemi sperimentare. Voglio rivoluzionare il teatro.

stART & go
20 aprile 2012

Come è nata l’idea di partecipare al progetto BMW Tate Live Performance Room?

Quando Catherine Woods e Kathy Nobles , curatrici della TATE, mi hanno invitato a partecipare a questo progetto, ho subito accettato, perché spinto da un interesse : sperimentare come l’opera teatrale e coreografica possa essere mediatizzata nella nostra epoca attuale. In effetti, l’impostazione del teatro occidentale è sempre rimasta pressoché immutata dal teatro greco di 2500 anni fa. È il momento di cambiare, e le nuove tecnologie offrono grandi possibilità di rinnovo alle arti dello spettacolo.

Qual è il messaggio che vuole lanciare al mondo attraverso la sua coreografia (inizialmente teatrale, poi ripristinata per la performance artistica, ndr)?

Questa mia opera, cui diedi nome “Shirtology”, nacque nel 1997. Si tratta di un piccolo pezzo in cui il ballerino Frédéric Seguette si sfila una per una le 50 t-shirts che indossa. Passai tre mesi a cercare e comperare le magliette adatte; poi le disposi secondo un ordine atto a creare una drammaturgia che lo spettatore avrebbe scoperto poco alla volta, in quello che sarebbe stato un interminabile strip-tease senza nulla di erotico.

La cosa interessante di questo pezzo sta nel fatto che esso fa propria un’ideologia e riesce, attraverso le t-shirts che la esaltano, a renderla un qualcosa di soggettivo: piuttosto che opporsi alla forza capitalista, questo pezzo assorbe la sua energia e la trasforma in una riflessione sull’alienazione, la fragilità e, per finire, la rivelazione della potenza infinita di questa stessa fragilità.

La sua opera è stata fin da subito apprezzata?

L’ esposizione del pezzo ha suscitato reazioni varie e contrastanti. Mi ricordo di un articolo della stampa di Monaco intitolato “Shitology”… A Beirut alcune persone, sentitesi offese e punte sul vivo, urlarono che questo pezzo rappresentava un fallimento totale; ma il peggio avvenne in Australia, dove Frédéric Seguette continuò a sfilarsi valorosamente le sue povere t-shirts mentre contemporaneamente cercava di evitare le lattine di birra che il pubblico, irritato dal pezzo, gli gettava sulla scena. E poi, dall’altra parte, ci sono stati alcuni spettatori che mi offrirono le loro proprie t-shirts, non esitando a spogliarsi lì, sul posto del teatro, subito dopo lo spettacolo. Ricordo i tecnici di un teatro a Madrid, che mi offrirono le t-shirts della loro squadra di calcio. Ma la mia preferita è quella che mi offrì Maurizio Cattelan a Vienna: rossa con scritto sopra “audience”.

Per quale motivo ha deciso di riproporre la stessa idea della performance Shirtology?

Per poter comparare gli effetti del pezzo : ne conoscevo gli effetti nel teatro, ma avevo bisogno di verificare la ricezione di questo stesso pezzo attraverso il mezzo di internet. Mi pongo in una prospettiva scientifica. Diciamo che sto lavorando a uno studio comparativo.

di Chiara Martinoli

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