Ad Alcatraz Ai Weiwei parla di libertà

stART & go
21 settembre 2014

Un milione e duecentomila mattoncini Lego. Un’installazione pavimentale. 176 ritratti di prigionieri politici.

Il nuovo lavoro realizzato da Ai Weiwei, noto artista e attivista cinese, è già incredibile di per sé. Se poi si aggiunge che è stato realizzato ad Alcatraz, il celebre ex-penitenziario di massima sicurezza statunitense, acquista un senso tutto suo. Il palazzo, generalmente inaccessibile ai turisti, aprirà le sue porte a partire dal 27 settembre per mostrare “@Large: Ai Weiwei on Alcatraz”.

Da Nelson Mandela a Edward Snowden, Weiwei ricostruisce con i mattoncini Lego le immagini di uomini che nel passato e nel presente sono stati e sono perseguitati per le proprie idee. E con quest’operazione narra anche di sé, perché l’artista è stato a sua volta incarcerato nel 2011 per aver criticato il governo Cinese e per la sua lotta per la libertà d’espressione. Ma non c’è il suo ritratto, tra quelli rappresentati, e a dire il vero non c’è neanche la sua presenza fisica, nella realizzazione concreta dell’istallazione: Weiwei, sebbene scarcerato, non può infatti spostarsi troppo da Pechino, pena una nuova detenzione. Il fatto che l’artista non abbia mai messo piede ad Alcatraz ha in effetti suscitato non poche critiche e commenti ironici riguardo alla “paternità” dell’installazione: quanto un lavoro del genere, che ha richiesto l’impiego di più di cento volontari e il supporto nella ricerca da parte di Amnesty International, può definirsi davvero opera di

Weiwei? È il dubbio di alcuni.

Certo è che l’artista è la mente pensante e l’ideatore dell’installazione. E la sua distanza, il fatto che gli sia impedito mettere piede ad Alcatraz per motivi politici, e che sia egli stesso perseguitato per le proprie idee, contribuiscono a rendere molto più sua quest’opera, che pur non ha potuto realizzare di persona.

Il lavoro è parte di un’esibizione che proseguirà fino al 26 aprile.

 

Chiara Martinoli         @ChiaraMartinoli

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