A voler cercare un filo conduttore possiamo dire che sono la storia di una delle più antiche famiglie italiane e l’esperienza americana nella produzione di vini moderni, ma allo stesso tempo eleganti.
Così Il Borro cerca di emergere nel comparto del vino internazionale.
Un passato in KPMG come Luxury goods analyst e un periodo, breve ma intenso, in Argentina all’interno di un’azienda agricola: sono solo alcune delle esperienze del ‘giovane’ Salvatore Ferragamo, uno degli eredi della prestigiosa maison di moda fiorentina.
«Per entrare in azienda non basta il nome, ci sono regole molto rigide che impongono tutta una serie di condizioni da rispettare. Mi verrebbe da dire che ci vuole stoffa, caparbietà e voglia di rimboccarsi le maniche, niente vita comoda come verrebbe da pensare considerando la storia di famiglia. Senza contare, inoltre, che cominciamo a essere in tanti per un solo brand».
Da qui la scelta di dedicarsi ad altro, di seguire le passioni di papà Ferruccio e dare forma e anima a una tenuta, Il Borro, acquisita nel 1993 – niente meno che dal Duca Amedeo D’Aosta – e ‘bisognosa’, nonostante la bellezza del luogo, di cure e molte opere di restauro. Situata a pochi passi da Firenze, nella fertile pianura del Valdarno, la struttura concepita architettonicamente come le tipiche ville padronali toscane ottocentesche – importante e severa nello stile – ha impiegato oltre 5 anni a rinascere sotto nuove e più moderne sembianze, pur conservando intatti materiali ed elementi naturali; le attuali 3 ville, 17 abitazioni e 24 case coloniche rappresentano oggi uno degli ‘agriturismi’ di maggior charme della regione e non solo.
Ma nei progetti di Salvatore, nipote del fondatore, c’era molto di più dell’ospitalità: l’esperienza in Argentina lo aveva portato a conoscere Mendoza e le winery della zona, ma soprattutto a fare alcune considerazioni sulle potenzialità di una simile tenuta toscana. Non è un caso che il suo rientro in Italia abbia coinciso con l’espansione degli ettari vitati da 7 a 40 e soprattutto con la diversificazione dei prodotti, tutti di altissima gamma, ma ben caratterizzati l’uno rispetto all’altro.
«L’etichetta oggi più richiesta è il Pian di Nova (Igt Toscana Rosso) di cui produciamo oltre 90.000 bottiglie, ma per noi sono molto importanti anche il Borro, un altro Igt Toscana Rosso più importante (40.000 bottiglie) e il Sangiovese in purezza, il Polissena del quale realizziamo circa 10.000 bottiglie» racconta Salvatore Ferragamo. «Il mercato cerca vini più caldi e rotondi, da accompagnare a pasti non troppo impegnativi; e cerca anche vini più freschi e leggeri che per noi oggi sono rappresentati dal Lamelle, lo Chardonnay in purezza di recente nascita, e dal prossimo spumante, realizzato in collaborazione con un’importante cantina sociale trentina. Diciamo che, come in azienda, anche nel mondo del vino bisogna darsi da fare, unendo la qualità di uve e vini alle esigenze di un mercato – italiano e internazionale – in continua evoluzione, specialmente in fatto di abitudini e gusto». Un mercato che Salvatore cerca di conquistare senza perdere di vista le sue origini, la storia di una famiglia che ha cambiato le regole della moda mondiale.
di Barbara Carbone
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