SOCIAL RESTAURANT

luoghi del gusto
28 dicembre 2012

Dal Fifteen di Jamie Oliver al ristorante Pecora Nera di Lucca. Ovvero luoghi del gusto, dove chef e camerieri sono giovani che provengono da situazioni disagiate e che hanno la possibilità di imparare un lavoro. E di pensare al proprio futuro.

La passione per la cucina può aiutare a vivere meglio. È questa l’idea alla base del concetto di “Social food” che si sta diffondendo negli ultimi anni e che mira a promuovere il valore sociale del cibo e della ristorazione. Basti pensare ai giovani che lavorano in uno dei ristoranti raccolti sotto l’insegna Fifteen di Jamie Oliver, colui che è riuscito a far stanziare 280 milioni di sterline al governo inglese per migliorare le mense scolastiche. Famoso per essere ‘il cuoco nudo’ che vuole riportare la cucina alle sue tradizioni e al legame con la terra e per le sue trasmissioni su Gambero Rosso Channel (tra cui quella dedicata alla cucina del Bel Paese, Il mio giro d’Italia) lo chef inglese crede profondamente che il cibo possa aiutare a vivere meglio; per questo ha pensato di portare la sua passione per la cucina instrada, insegnando un lavoro a chi non ha mai avuto la possibilità di impararlo. Nelle cucine dei suoi ristoranti si trovano così giovani tra i 18 e i 24 anni che si sono impegnati a cogliere questa possibilità dando il meglio di loro nel seguire i ritmi frenetici di una cucina, per dimostrare prima di tutto a se stessi che possono farcela. Provengono tutti da situazioni disagiate, ambienti dove regnano la droga, la delinquenza e la disoccupazione; avevano bisogno di una possibilità per riscattarsi e l’hanno trovata al Fifteen. La catena gestita dalla Jamie Oliver Foundation, si compone di tre ristoranti a Londra, Amsterdam e Cornwall e ha visto la nascita di un quarto a Sidney in Australia che, adesso, è totalmente indipendente.

In Italia non esistono esempi di realtà così strutturate ma anche nel nostro Paese c’è chi crede nel lavoro come mezzo di riscatto soprattutto quello stancante, ma gratificante di una cucina. Nel carcere di Volterra ad esempio fino a fine giugno vengono organizzate le “cene galeotte”: otto appuntamenti (un venerdì sera al mese) organizzati tra le mura del penitenziario dove il menu è preparato dai detenuti guidati dall’esperienza di importanti chef tra cui Riccardo Monco dell’Enoteca Pinchiorri, Vito Mollica del Four Seasons di Firenze, Luciano Zazzeri del ristorante La Pineta di Marina di Bibbona. Questi momenti di incontro professionale possono diventare per qualcuno un’importante esperienza formativa per imparare un lavoro e garantirsi un futuro fuori dalle mura del carcere per non ripercorrere gli errori del passato.

Sempre in Toscana, nel cuore del centro storico di Lucca  (piazza San Francesco 4) è stato inaugurato il ristorante la Pecora nera che impiega giovani disabili intellettivi. Gestito dalla cooperativa sociale Cose e Persone, rappresenta una delle prime strutture di questo genere in Italia e vuole favorire la possibilità di un’inclusione sociale e lavorativa. Il ristorante è il punto di arrivo del progetto “Gente come noi”, che ha coinvolto la Provincia di Lucca realizzando il corso “Cucina e creatività”, cui hanno partecipato alcuni ragazzi con sindrome di down e che adesso sono impegnati ai fornelli. Anche il ristorante I ragazzi di Sipario di Firenze si propone l’obbiettivo di garantire un futuro ai ragazzi disabili che hanno in questo modo la possibilità di vivere una vita normale. In Via dei Serragli 104, lavorano 17 ragazzi coordinati da una cuoca professionista. A Solara di Bomporto in provincia di Modena chi ama la cucina genuina può trovare una piccola trattoria denominata Lanterna di Diogene gestita dall’omonima cooperativa sociale dove lavorano un gruppo di ragazzi disabili. Con i soldi chiesti in prestito a una banca, hanno ristrutturato una piccola cascina di campagna dove hanno dato vita al loro progetto: qui cucinano, coltivano l’orto e allevano animali da cortile, asini e cavalli. Nasce dall’idea che i malati psichici vadano inseriti nella società attraverso il lavoro, il Caffè Basaglia di Torino che prende il nome da Franco Basaglia, lo psichiatra che trent’anni fa si è battuto per la chiusura dei manicomi. Qui lavorano 20 persone che cucinano e servono in tavola assistiti da due infermieri dell’Asl e coordinati da un barman e un cuoco professionisti.

Nata per accogliere chi difficilmente può trovare un posto di lavoro è anche la cooperativa sociale Harissa che ha aperto l’omonima osteria in Via Tonini 16/a a Rimini. I gestori dell’Osteria sono 6 amici, due dei quali diversamente abili e propongono una cucina caratterizzata sull’utilizzo di prodotti biologici equo solidali, puntando soprattutto sui piccoli produttori della zona. Tra le proposte in menu ci sono i salumi di Mora Romagnola, razza suina autoctona presidiata da Slow Food, i formaggi biologici realizzati con il caglio vegetale. Anche l’olio e il vino provengono da produttori locali. Nel totale rispetto dell’ambiente il servizio in tavola e quindi piatti e posate è totalmente realizzato con materiale di riciclaggio, biodegradabile al 100%.

di Benedetta Bagni

 

Lascia un Commento