Vino: come stare sul mercato?

food | vino
05 luglio 2013

Quello vinicolo è un mercato in cui la concorrenza è sempre molto forte. Da Alessandro Costantini, fondatore  Wineoclock (che si occupa della promozione in Italia e all’estero di piccole cantine) arrivano alcuni consigli …

Qualche tempo fa un piccolo produttore friulano ci ha inviato alcuni campioni al fine di verificare un eventuale interesse all’inserimento nella nostra distribuzione. Non riesco a tenere il conto dei vini che ogni anno riceviamo in assaggio da parte di aziende ansiose di allargare la propria distribuzione; ma ovviamente solo una piccolissima parte supera l’esame dell’assaggio, anche perché non si tratta solamente di valutare la bontà o meno di un prodotto, ma anche e soprattutto le sue potenzialità sul mercato. Rispondere di no è sempre difficile, soprattutto perché di fronte ci troviamo persone che mettono sudore e passione in quello che fanno. A quel produttore friulano la nostra risposta negativa non è piaciuta; la sua reazione è stata quella di accusarci di cercare aziende e vini “facili” da vendere senza provare ad investire su qualcosa di nuovo. Questa risposta ci ha trovati impreparati, concettualmente perché il nostro business model è fondato sulla ricerca di piccole cantine sconosciute che difficilmente potrebbero affacciarsi sul mercato interno ed internazionale senza il nostro aiuto, e formalmente perché soprattutto di questi tempi ci viene difficile pensare ad una categoria di vini “facili” da vendere. Certamente oggi non esistono etichette che si vendono da sole, esistono invece aziende che grazie sia alle capacità dei loro enologi che ad una visione strategica lungimirante hanno sviluppato una brand identity che le permette di essere conosciute sul mercato di massa e preferite nella scelta del sommelier in relazione all’inserimento in una lista vini. Queste aziende meritano rispetto e non invidia, è giusto che abbiano una posizione di mercato prevalente, ma non sarebbe corretto invece se utilizzassero questo vantaggio per concentrare il mercato e contribuire alla scomparsa di quello che è il tessuto tipico del nostro sistema vitivinicolo, ossia l’estrema frammentazione. Non possono quindi essere approvati comportamenti commerciali che sviliscono il mercato, messi in atto in periodi di crisi da aziende che finanziariamente hanno le spalle forti e che per mantenere ed aumentare la loro quota di mercato attuano azioni che non possono essere sostenute da piccole realtà; un esempio su tutti riguarda le offerte che agenti di vendita di grandi aziende mettono in atto verso la loro clientela offrendo sconti merce che a volte sono pari al numero di bottiglie vendute. Questo dimostra una limitata visione strategica; si pensa di consolidare la propria posizione, ma in realtà si mette in atto una pericolosa spirale in cui il buyer diventa il padrone della negoziazione e chiunque sarà in grado di offrire un prezzo migliore vincerà sulla concorrenza. Alla fine ci perderanno tutti, e su tutti i clienti finali che si troveranno di fronte ad una lista vini di scarsa qualità. Ma allora come fa una piccola azienda, magari nuova, senza mezzi finanziari per potersi promuovere, a muoversi su un mercato che vada al di là della sua area territoriale? Le 5 regole qui di seguite esposte suggeriscono un percorso che forse potrà facilitare il piccolo produttore:

  1. Scegliere il prodotto giusto: la giusta combinazione per muovere la curiosità del cliente senza essere troppo banali o troppo particolari; uno Chardonnay toscano o un Pecorino marchigiano avranno le stesse difficoltà di essere venduti nel mercato americano anche se per motivi diversi
  2. Offrire un prezzo competitivo: il cliente è stanco di sentirsi dire che una tale etichetta costa di più perché è più buona rispetto a un’altra; i vini sono come i figli, “ogni scarraffone è bello a mamma sua”: Se un etichetta sconosciuta ha un prezzo persino superiore ad una molto conosciuta della stessa tipologia, la partita è persa in partenza e non esistono ragioni che possano cambiare questo stato di fatto
  3. Limitare i costi aziendali: si può fare un buon vino anche senza assoldare l’enologo più costoso o cambiare le barriques ogni anno o utilizzare le teconologie enologiche più evolute
  4. Investire per promuovere e non per pavoneggiarsi: soprattutto se i soldi sono pochi, utilizzarli per far conoscere realmente il vino sul mercato e farlo girare; è ormai comunemente riconosciuto che il denaro speso per ottenere buoni punteggi o per partecipare a grandi fiere serve solo per riempire il portafoglio degli editori e degli organizzatori, ma ha ben poco ritorno dal punto di vista commerciale
  5. Affidarsi a professionisti seri e competenti che operano nella distribuzione; il produttore deve concentrarsi in ciò che sa fare e non deve avere la presunzione di elevarsi a esperto di marketing

di Alessandro Costantini – Wineoclock Founder

 

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