AGRICOLTURA CITTADINA

estero
31 luglio 2013

Un progetto avveniristico dall’architetto belga Vincent Callebaut, destinato al sostentamento di tutta l’area metropolitana di New York: una fattoria verticale sulla Rooselvelt Island.

Si chiama Dragonfly, perché la sua struttura ricorda la forma di una libellula, ed è un avveniristico progetto di fattoria urbana pensato dall’architetto belga Vincent Callebaut  per la città di New York. Un problema molto sentito nei grandi centri abitati è quello della lontananza dei consumatori dai produttori alimentari con costi esorbitanti di trasporto e forte impatto ambientale. Per questo si sta sviluppando il concetto di un’agricoltura sostenibile verticale che si inserisca all’interno delle città e ne sia il sostentamento. Secondo Vincent Callebaut “l’architettura deve porsi al servizio di questo nuovo desiderio sociale proponendo nuovi progetti ecologici”.

È nato così Dragonfly, una grande fattoria verticale autosufficiente sia dal punto di vista energetico che alimentare, da collocarsi su Roosevelt Island lungo l’East River tra Manhattan e il Queens, proprio di fronte allo skyline di Manhattan. Disposto su 132 piani e 600 metri di altezza, per un’area totale di 360.000 metri quadri, il nuovo edificio è in grado di contenere 28 diversi spazi agricoli per la produzione di frutta, verdura, cereali, carne e prodotti lattiero-casearii. Una delle aree metropolitane più trafficate e densamente popolate del mondo come quella di New York, che già conta oltre 18 milioni di abitanti, potrebbe così provvedere da sola al suo sostentamento.

Nel progetto di Callebaut ai piani inferiori ci saranno le stalle per mucche e cavalli, a quelli intermedi i vivai, in alto gli alveari. La struttura realizzata come due ali di libellula, trasparenti e nervate di acciaio e vetro conterrà anche uffici e abitazioni.

Il progettista ha pensato a ogni cosa per rendere il più sostenibile possibile la sua architettura. La distanza tra le due ali è, infatti, calcolata per sfruttare l’energia solare e accumulare aria calda durante l’inverno e far circolare, invece, aria fresca in estate. I giardini in superficie filtrano l’acqua piovana che viene mescolata con quella di utilizzo domestico per poi essere depurata e nuovamente utilizzata per irrigare i campi.

Proprio come un organismo vivente, Dragonfly è in grado di recuperare rapidamente le energie che consuma utilizzando l’energia del sole, dell’acqua e del vento per trasformarla in elettricità. Sul versante nord tre turbine eoliche sfruttano la direzione dominante dei venti newyorkesi per produrre metà dell’energia necessaria al funzionamento dell’edificio. Al resto del fabbisogno provvedono, invece, i pannelli solari che rivestono le pareti del versante sud. Lungo le sponde dell’East River, poi, il progetto prevede due porti urbani, un mercato galleggiante e due acquari.

“Il mondo dei fast-food e del cibo congelato è finito – afferma Callebaut -. Dobbiamo lottare contro il sovraffollamento delle nostre città a favore di comunità urbane agricole in grado di contribuire efficacemente alla produzione alimentare. In questo modo il consumatore diventa il produttore stesso. L’agricoltura urbana può alimentare la città senza pesticidi o sostanze chimiche antiparassitarie offrendo inoltre una filiera a chilometro zero e può anche essere una leva di crescita per il mercato del lavoro nelle città contro la disoccupazione a favore di un’economia locale”. Se davvero le previsioni sono giuste e nel 2050 l’80% della popolazione mondiale vivrà in città, il giovane architetto ha le idee molto chiare su come vuole che sia il suo futuro.

di Benedetta Bagni

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