Il ‘900 in mostra nel cuore di Milano

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25 ottobre 2012

Nella meneghina Piazza Scala, Gallerie d’Italia raccoglie le collezioni della Fondazione Cariplo e di Intesa Sanpaolo. E da fine ottobre, ospita una mostra interamente dedicata al ‘900. Ce ne parla il curatore, Francesco Tedeschi.

A Milano, in Piazza Scala, c’è un gran fermento. Qualcosa di nuovo sta nascendo, e si tratta di un qualcosa davvero importante per il mondo dell’arte. Apre oggi, 25 ottobre, un’inedita esposizione di opere novecentesche, tutte italiane. La mostra rientra nel progetto complessivo di Gallerie d’Italia, che vede Intesa Sanpaolo coinvolta nell’ambito dell’esposizione artistica con il fine aggiunto di valorizzare palazzi storici in varie città d’Italia (Milano, Napoli, Vicenza), e va ad aggiungersi al preesistente progetto a lunga durata che vede esibite, a Milano, opere dell’800, da Canova a Balla.

La parola a Francesco Tedeschi, professore di storia dell’arte presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore nonché curatore della mostra: a Fool racconta che cosa c’è dietro (e dentro) questa nuova esposizione.

Una nuova mostra che esibisce opere del ‘900 italiano, proprio come il Museo del Novecento con sede a Palazzo Reale: quale differenza, e come nasce l’iniziativa di questo evento?

Portando alla luce numerose opere in suo possesso e altre celeberrime acquisite da banche differenti e raccolte per quest’iniziativa, Intesa Sanpaolo mette a disposizione della cittadinanza una ricchezza che è e deve essere una ricchezza di tutti. Questa mostra non vuole in nessun modo rendersi antagonista del Museo del Novecento: esso conserva infatti una parte dell’arte del Novecento che ha fatto la storia, ma si ferma grosso modo al ’68. Le collezioni di Intesa Sanpaolo invece, coprono il secondo Novecento, dal ‘48 fino agli anni ’90. In pochi altri musei italiani, ritengo, si può trovare un patrimonio dello stesso livello, per quanto riguarda quest’epoca. Credo inoltre che ci sia una richiesta crescente di attenzione e conoscenza in quest’ambito e trovo giusto trasmetterla e renderla nota a un pubblico che diviene sempre più ampio.

Come è strutturata la mostra?

Il percorso si apre subito con due diversi punti di partenza: uno di questi, di grande interesse, ripercorre le opere e la storia di quegli artisti che tra il ‘48 e gli anni ’50 hanno cercato una via di mezzo tra astrazione e realismo, creando quella che fu definita una forma di “astrazione concreta”. Tra gli artisti presenti in questa sezione citerei Santomaso, Morlotti, Afro… per arrivare infine a Vedova e Burri, punto finale di questo percorso che io stesso ho denominato, all’insegna di una definizione di tipo quasi psicanalitico, “La memoria dell’immagine e la sua rimozione”. E poi naturalmente ci sono gli allestimenti temporanei.

Me ne parli.

C’è, per esempio, l’installazione del 1986, “L’ora italiana”, di Emilio Isgrò. Nata dalla suggestione delle vicende di quegli anni, l’opera vuole ricordare in particolare la strage di Bologna avvenuta quattro anni prima. Si tratta di un’installazione forte e coinvolgente. È un unico lavoro composto da venti opere in formato tondo, in cui le fotografie, tratte dalla realtà urbana del momento e scattate dallo stesso artista, sono in parte cancellate dalla pittura. Questa installazione prevede la presenza delle 20 immagini che saranno visibili a luminosità variabile per un tempo limitato, con accompagnamento sonoro che riproduce il ticchettio di orologi: dopo 2-3 minuti circa, si arriva al massimo del suono e al massimo di  luce. Poi, buio totale.

‘Cantiere del 900’ raccoglie un gran patrimonio, sia per quantità che per qualità di opere.

Già, abbiamo a che fare con circa 190 opere, prodotte da 153 artisti di cui 63 ancora in vita. In particolare segnalerei alcune collezioni particolarmente dettagliate, come quella relativa al movimento Arte Concreta, corrente nata a Milano nel ’48, e alla cosiddetta “Poesia Visiva”, ricerche verbo-visive che uniscono parole a immagini. Ma c’è anche una sorpresa: nel sotterraneo c’è un caveau in cui sono preservate numerosissime altre opere della collezione Intesa Sanpaolo. Parlo di centinaia di opere in più oltre a quelle già presenti nella mostra! Un immenso patrimonio, insomma. E noi stiamo cercando di renderlo accessibile al pubblico. Dovremmo riuscirci per quest’inverno.

Qual è, a suo avviso, quel “di più” che caratterizza questa nuova mostra del Novecento?

Senz’altro il carattere multimediale: in ogni stanza, si  può accedere ad appositi touch screen in cui sono raccolti materiali recuperati dall’archivio della collezione. Il visitatore potrà così consultare dati ulteriori, documentarsi maggiormente. Obiettivo: coinvolgimento diretto del pubblico attraverso un sistema pensato per permettere un avvicinamento maggiore all’opera.Vogliamo aumentare, per così dire, il grado di comunicazione, creando un percorso che sia facilmente trasmissibile a un ampio spettro di visitatori.

La rassegna si colloca in un palazzo che non era pensato, in origine, per ospitare collezioni artistiche, ma era sede di una banca: come si è potuto trasformarlo in uno spazio espositivo?

In effetti, il palazzo dove si apre la nuova parte espositiva è nato 102 anni fa come sede della Banca Commerciale Italiana ed è rimasto tale fino a pochi anni fa. La trasformazione è stata merito dell’architetto De Lucchi che ha dato vita a un lavoro di recupero e trasformazione. Molte suppellettili sono state tolte, il che è un peccato, perché si trattava di pezzi storici e dotati di fascino; tuttavia non potevamo mantenere, per dirne una, termosifoni antichi posti in mezzo a una sala… non risultavano certo funzionali a uno spazio che deve ospitare una mostra. Del resto però, se ho parlato di recupero, è perché nel lavoro di intervento sono stati riproposti alcuni aspetti originali che erano stati modificati in passato: ad esempio sono state riportate in vista delle bellissime colonne in granito. Abbiamo cercato di rendere più evidenti i tre saloni in cui si svolgeva la vita di banca. Sono occupati solo da poche sculture, se non del tutto vuoti, e il percorso espositivo vi si apre attorno.

di Chiara Martinoli

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