Il design al femminile

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19 luglio 2013

Un libro che celebra le grandi signore del design. A firmarlo un uomo affascinato dall’intraprendenza femminile.

Rendere una fotografia efficace delle grandi donne del design appartenute al Novecento. Con questo obiettivo Luigi Patitucci, da sempre esperto del settore progettazione, ha dato vita al suo libro “La donna è mobile – Donne nel Design”, edito da Letteraventidue. Tra le grandi protagoniste Coco Chanel, Charlotte Perriand e Ray Eames, per arrivare fino ai nostri giorni. Con oltre 500 illustrazioni, questo libro dà uno sguardo originale su un settore per lungo tempo precluso alle donne. La parola al suo autore (uomo), esperto di design da tutta una vita.

Tu nasci come ingegnere; come ti sei avvicinato al mondo del design?
Mi sono laureato in ingegneria, è vero, ma sono nato con il mondo del design attorno. Mio padre lavorava in Fiat, un’azienda che in quegli anni era piuttosto all’avanguardia nel mondo della produzione industriale e dei servizi. L’aver visto attorno a me, sin da bambino, quelle belle carrozzerie, con quei colori spesso forzati, spesso fortemente amplificati, al limite del kitsch, quel baraccone roboante del circo pop che vestiva il mondo dell’automobilismo in quegli anni, ha esercitato su di me una seduzione implacabile. Da lì la scelta di lavorare in questo settore è stata rapida.

Se dovessi definire il libro “La donna è mobile” in tre parole?
Necessario, sfrontato, giocoso. È il punto di vista di un uomo. Non potrà mai recare il potenziale contenuto nelle fisionomie genetiche dell’essere donna.

Da dove nasce l’ispirazione per questo libro e l’idea di dedicare un intero volume alle grandi signore del design?
La voglia è venuta pian piano, crescendo sempre più dentro di me: mettere in luce enormi personalità femminili che hanno fatto la storia del design a pieno titolo, restituendo tutta una serie di verità storiche in essa contenute. Forse ha contribuito anche la lettura che stavo facendo dell’autobiografia di Charlotte Perriand (“Io Charlotte, tra Le Corbusier Leger e Janneret”): consapevole delle grandi rivoluzioni operate da questa strepitosa Signora del design sono rimasto letteralmente folgorato. Ad un certo punto, trasformare questa passione in progetto editoriale mi è apparsa come una condizione irrinunciabile.

Come ti sei documentato per scrivere questo volume?
Faccio il designer dall’età di sedici anni, e poi, a parte la mia enorme biblioteca, oggi il lavoro di ricerca. È il beneficio generato dalle nuove tecnologie digitali.
Quale, tra le tante donne e protagoniste descritte, ti ha affascinata di più e perché?
Mi affascinano tutte, ovvio. Ma, un po’ come accadeva a Fellini o a Picasso, non mi innamoro di una donna in particolare, ma della Donna in quanto tale. È una questione di carattere, esuberanza e, personalità. Forse dipende anche dalla mia storia personale: sono cresciuto con una madre dalla spiccata matrice eversiva, con una personalità prorompente, dunque è la passione a muovermi, sempre! Come non amare il lavoro energico, deciso, forte, ed autonomo dal punto di vista segnico, di donne come Patricia Urquiola? È lei la prossima donna del design della quale scrivere, lo so già!

Quale, invece, tra le designer di oggi ti piace di più e perché?
Nel panorama odierno delle signore del design, oltre alla sopracitata Urquiola, mi piace molto il lavoro di Nika Zupanc, giovane designer di Lubiana, la quale ha anche creato un suo marchio, emblematicamente battezzato La femme et la maison (*La donna e la casa).

Cos’hai capito in più sulle donne, scrivendo questo libro?
Le loro debolezze, innanzitutto. Le loro realizzazioni e la loro intelligenza, invece, è già da secoli che sono sotto gli occhi di tutti.

di Marzia Nicolini

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