Una mostra interattiva alla Fabbrica del Vapore restituisce l’icona storica di Che Guevara a una dimensione umana. Nel modo più concreto, intimo e profondo che ognuno di noi è in grado di percepire e comprendere.
Uomo intenso, eroe romantico, utopista fanatico, movimentista ingenuo… Sono davvero tante le definizioni di un personaggio che ha condizionato l’immaginario collettivo di intere generazioni, ma non è questo lo scopo della mostra Tu y Todos, ideata e realizzata da Simmetrico Cultura negli spazi della Fabbrica del Vapore a Milano fino al 1 aprile 2018: quello che i curatori hanno cercato di fare, attraverso le più innovative tecnologie, è mettere a contatto i visitatori con l’uomo Ernesto Che Guevara e lasciando a loro, una volta ‘ascoltato’, una possibile interpretazione.
La mostra che si sviluppa su tre diversi livelli (giornalistico, per inquadrare il contesto politico; biografico con un’ampia raccolta di fonti e documenti; e intimistico per dare forma all’uomo in grado di scrivere poesie, di esprimere dubbi e paure, di rivelare fatica accanto all’entusiasmo) impone allo spettatore di interagire con il mondo del Che fin da subito. Non è un caso se la prima installazione è una parete di oltre 16 metri a fasce mobili, retroproiettata, dove a un primo sguardo si mostrano le immagini edulcorate della Hollywood Anni ’50 e mano a mano che ci si avvicina, un fuoco le trasforma in scene di ingiustizie sociali, sfruttamento minorile e assenza di libertà.
Il tutto incalzato dalle note di 4 album, risultato di montaggi di ricordi personali ‘di’ e ‘su’ Ernesto Che Guevara: voci di persone care all’uomo nelle quali si ritrova il carattere ribelle a scuola, la passione per la lettura e i suoi viaggi, oltre 4.500 chilometri alla scoperta delle radici più profonde, per aiutare, formare e crescere insieme ai suoi ‘simili’.
[…] Così è stato per gran parte della mia vita: sacrificare gli affetti per ideali più alti; e pensare che la gente crede di avere a che fare con un robot senz’anima. (lettera ad Aleida dal Congo, 1965). Un’immagine, quella del robot, che l’artista americano Micheal Murphy ha cercato di far comprendere al pubblico trasformando una composizione multidimensionale delle sue foto e della sua iconografia più nota niente meno che nella sua firma: uno dei tratti più umani del Che.
di Barbara Carbone
Foto di Ester Accornero