Linearità e Semplicità nel Tutto

stART & go
10 marzo 2015

Nel centro storico di Milano, la galleria MA-EC – Milan Art & EVent Center ha aperto i battenti alla prima mostra personale del giovanissimo artista cinese Ping Li. Le sue opere, di una precisione e assolutezza sorprendente, sfidano apertamente lo spazio e la tridimensionalità, pur nel vincolo della tela. JIAN · ZHI Linearità e Semplicità nel Tutto è un’esposizione allestita all’interno di un progetto internazionale, che fa riferimento a una realtà di scambio artistico e culturale tra Italia e Cina (e non solo) promosso dalla società privata Present Contemporary Art.

Abbiamo intervistato Peishuo Yang, direttrice della società. Che ci parla di Ping Li, ma anche della fatica di investire sull’arte in Italia. E assicura che i cinesi scommettono su di noi…

“Conobbi Ping Li nel 2010, quando ancora studiava per il Master a Bologna. I suoi lavori mi colpirono, così lo invitai subito a partecipare a una collettiva a Firenze. Ho scommesso molto su di lui, ed eccolo alla sua prima personale. Ci tengo a precisare che è un artista sotto contratto, lo presentiamo cioè in esclusiva. È un grosso investimento, ma ritengo che in questo modo un artista possa concentrarsi meglio sul lavoro”.

Che cosa ci fa un promettente artista cinese in Italia?
“Sebbene non offra un buon mercato in questo periodo storico, l’Italia rimane un caposaldo per l’apprendimento dell’arte. Ping fa pittura ad olio, tecnica che in Cina è relativamente recente e che è stata trasmessa a noi principalmente dai maestri russi. Non c’è paragone con i grandi maestri rinascimentali, per cui l’Italia rimane punto di riferimento indiscusso”.

Che cosa c’è nelle opere di Ping Li che l’ha spinta a investire su di lui?
“Le sue opere sono opere contemporanee, innovative. Sono anche divertenti. E c’è un’approfondita ricerca personale, che ha come filo conduttore lo spazio e la luce: il risultato è un gioco di effetti multidimensionali sulla superficie piatta. E poi c’è la sensibilità orientale, una delicatezza nei colori e una coincidenza cercata e ricercata, e infine trovata. Ping Li riserva alle sue tele una lavorazione molto lunga, addirittura maniacale. Ha questa finezza che però nasconde un carattere interiore molto forte. Se un lavoro non è uscito come desidera lui, invece di recuperare con qualche modifica, distrugge la tela e ricomincia da capo.


Ammiro Ping Li perché ha avuto il coraggio di abbandonare la figurazione tradizionale. L’astrattismo in Cina è solo all’inizio, ancora si guarda molto al figurativo. Per questo in patria fanno fatica ad apprezzarlo. Molti vedendo una sua opera portata a termine mi hanno detto: “Ma come, ha appena iniziato! Quando pensa di finire?”. È più impegnativo guardare e ammirare un’opera astratta, e ai cinesi occorre ancora un po’ di tempo. Qui a Milano, all’Accademia di Brera, è pieno di studenti cinesi: sembra proprio che nessuno di loro riesca a staccarsi dall’arte figurativa. Anche Ping Li, prima che lo conoscessi, faceva una pittura molto classicheggiante. Poi una notte sì è svegliato e ha bruciato tutto. Aveva capito che non c’è futuro per il figurativo e ha avuto il coraggio di cambiare.

Le tele in mostra rappresentano un geometrismo luminoso e illusionistico, e richiedono la precisione e lentezza di cui parla. Ma i quadri della serie dei “Punti” sono totalmente diversi dagli altri…
“In effetti sono opere molto particolari, una serie a parte. Abbiamo scelto di posizionarle apposta in una stanzetta con la luce un po’ soffusa, per creare un ambiente un po’ ambiguo. Con i “Punti” Ping Li è entrato più in profondità nel suo sé. Il suo lavoro, di solito, è tutto calcolato, mentre in queste opere è partito semplicemente da un punto, senza alcuno schizzo. Per le altre tele ha fatto studi incredibili, mentre queste ultime sono per Ping Li come una liberazione: i “Punti” per lui sono stati una rivelazione e una scoperta, qualcosa che non si aspettava. C’era qualcosa dentro che doveva tirare fuori. L’ha fatto e gli è uscita questa serie”. 

La sua Galleria è connessa a un’altra con sede a Shangai: come si relazionano?
“Siamo una società con tre linee parallele che costituiscono questa formula di interscambio tra Italia e Cina. A Shangai abbiamo un Festival, una Fiera d’arte e una Galleria, poi c’è questa di Milano e infine il Present Art Community nell’ambito social. Abbiamo portato tanti artisti italiani e occidentali a Shangai. Importiamo molti più occidentali in Cina e pochi cinesi emergenti a Milano perché in Italia tutto è più difficile. In Cina le richieste sono più variegate e vi sono maggiori potenzialità d’acquisto. Poi in Cina ci sono più agevolazioni fiscali, in Italia non ne parliamo”.

Perché allora proprio l’Italia?
“L’Italia non era nei miei piani. Nel ’97 dovevo andare a studiare in Nuova Zelanda: era tutto deciso. Poi prima di partire ho visto per caso un film, Good morning Babylonia, in cui si vede la Toscana, Firenze, Lucca, il duomo, l’arte. Dopo averlo visto mi sono detta: “Bisogna andare in Italia”. Da allora ho vissuto a Firenze, dove ho studiato Lettere e Filosofia e poi presso l’Accademia delle belle arti. Da quest’anno mi sono trasferita a Milano, per seguire meglio la galleria. La avevo aperta a Firenze nel 2004, ma da ottobre 2013 è stata spostata, perché Milano è una città decisamente più internazionale. E poi c’è l’Expo! Per i cinesi l’Expo 2010 a Shangai è stata una grande occasione: da lì la Cina è entrata in maturità economica, da lì ha deciso di commerciare in modo sistematico. Noi cinesi crediamo molto nell’Expo, e ci aspettiamo molte cose da Milano”.

JIAN · ZHI
Linearità e Semplicità nel Tutto

a cura di Alessia Locatelli
MA-EC – Milan Art & Events Center
Via Lupetta 3 (ang. Via Torino), Milano
fino al 21 marzo 2015

  • Chiara Martinoli

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