Fontana rende più dell’oro

mercato dell’arte
31 ottobre 2013

Con la crisi i private banker italiani hanno iniziato a diversificare i portafogli d’investimento inserendo sempre più opere d’arte contemporanea. E i rendimenti hanno dato loro ragione.

Non solo titoli. Sono sempre di più i private banker che optano per diversificare i grandi portafogli con investimenti in beni di lusso o in real estate. E anche in arte. Iniziative finanziarie che possono dare soddisfazione in termini di rendimento e, talvolta, in termini di passione personale dell’investitore.”Attenzione però: investire in arte non è come scegliere fra un’azione o un’obbligazione – spiega Daniele Piccolo, vice direttore generale di Banca Albertini Syz – si entra in un mercato altamente inefficiente con altissimi costi di transazione che non si riscontrano nemmeno nei mercati Otc (Over the counter, ndr) e sugli strumenti finanziari più esotici. La decisione di investimento sconta quindi una forte inclinazione personale dell’investitore, il gusto e la funzione d’uso di questo investimento”. In parole povere investire in arte non è una cosa per tutti.
Chi può permettersi di farlo e soprattutto quanto è “bene” che investa? Secondo Piccolo “un investitore non esperto che intende acquistare opere per la propria casa non investirà oltre il 5%, percentuale che, al contrario, viene superata da investitori che hanno per esempio ereditato opere d’arte o intere collezioni”. Questa quota per un investimento illiquido e non fungibile, aggiunge Piccolo, “si associa generalmente ad altre componenti
core come case, altri bei immobiliari per oltre il 55% degli asset”.
Più aggressivo è invece Domenico Filipponi, responsabile Art Advisory del Private banking Italy di UniCredit, per il quale si può arrivare anche al 10% di investimento, “sempre tenendo conto delle proprie possibilità e dell’attitudine personale al rischio”.
L’arte resta comunque, per i private banker, un buon modo di diversificare il portafoglio. E a dirlo sono anche i numeri più recenti: il giro d’affari complessivo dell’arte in Italia nel 2010 ha toccato quota 1,1 miliardi di euro, dopo avere sfiorato i due miliardi di euro nel 2008, ma soprattutto dopo il crollo del 46,3% del 2009. In realtà in questo momento l’Italia fa storia a sè: la somma complessiva di tutte le aste battute durante il 2010 nel nostro paese, da Sotheby’s e Christie’s, è stata pari a 61 milioni di euro. Poco, se rapportato a New York dove, in due giorni nel novembre 2010, le vendite d’arte contemporanea di Christie’s hanno fruttato oltre 200 milioni di euro con solo il 7% di invenduto e cinque record mondiali. Mentre Sotheby’s, negli stessi giorni, ha fatturato circa 170 milioni. In sostanza se a Londra, Parigi e New York i segni della ripresa sono evidenti, a Milano si sta uscendo con lentezza dalla recessione. La scarsa fiducia nel mercato italiano porta i compratori nostrani ad acquistare sempre di più all’estero: l’anno scorso, per esempio, quasi tutti i top lot degli artisti italiani,da Maurizio Cattelan a Marino Marini, sono stati ottenuti all’estero.
Nonostante questo gli esperti sostengono che in Italia nel prossimo periodo il mercato “andrà meglio”. Secondo il report sull’andamento del 2010 messo a punto da Monte dei Paschi e da Ce.St.Art, il Centro studi economici e giuridici sull’arte dello Iulm, nel terzo trimestre 2010 l’Mps Global painting art index, l’indice trimestrale che descrive l’andamento del fatturato medio delle principali case d’asta relativamente al comparto pittura, è in progresso del 6,3% sullo stesso periodo del 2009. Insomma, in momenti (come questo) di crisi e d’instabilità dei prezzi conviene ancora investire in arte: secondo Nomisma,nel lungo periodo fa registrare rendimenti migliori rispetto a quelli registrati sull’azionario. Lo conferma l’Mps Art market value index, secondo cui dal 2008 a oggi il mercato dell’arte ha fruttato un +30,9% mentre, nello stesso periodo, un indice di Borsa come l’S&P 500 ha perso l’1,5% e il Ftse Mib ha lasciato sul terreno il 41,5%. Sulla stessa lunghezza d’onda è anche Magstat, società di consulenza specializzata nel settore bancario e finanziario, che sostiene come l’opera d’arte sia da considerare a tutti gli effetti un’asset class alternativa. La diversificazione del rischio e il vantaggio fiscale sono i principali motivi che spingono
sempre più clienti ad utilizzare questa forma di investimento. “Non esistono – dicono dall’azienda di art advisory – tasse sulle plusvalenze derivanti dalla compravendita di opere d’arte e non devono essere denunciate nella dichiarazione dei redditi”.
Ma come bisogna investire? “Bisogna seguire prima di tutto il proprio istinto, cioè il proprio gusto. La discriminante deve essere sempre e comunque la qualità – evidenzia Filipponi. – La crisi, si è visto, induce gli acquirenti a selezionare meglio le opere di qualità, spostando l’attenzione verso il ‘piccolo collezionismo’, quello fino a 40 mila euro, nel quale si concentra in Italia il93% degli scambi di opere d’arte”.
E l’arte contemporanea resta una buona forma d’investimento e di diversificazione del portafoglio: da sola, dal 1995 a oggi, ha mediamente reso il 4% l’anno, battendo gli immobili (+2,06%), la Borsa italiana (+2,16%) e l’oro (+3,67%). «I giovani artisti – dice Filipponi – vanno bene per investimenti di lungo profilo e di costo non elevato. Avendo a disposizione mezzi adeguati è meglio orizzontarsi verso figure più note: sono meno volatili rispetto ai giovani, che devono ancora consolidarsi sul mercato”. Meglio dunque un Concetto spaziale di Fontana che il giovane painter, ma Fontana costa ed è difficilmente raggiungibile.Anche se in questo ultimo periodo le aste battono quasi esclusivamente l’arte contemporanea e la scelta proseguirà in questa direzione nei mesi a venire. “Questo avviene perché artisti importanti ma datati come, ad esempio,Campigli, De Pisis o Carrà non incontrano il gusto del pubblico che preferisce, per esempio, l’arte astratta degli anni Sessanta – conclude Flipponi.- È questione di linguaggio e di gusto del tempo: Warhol, per fare un esempio, ha un linguaggio che tocca il gusto del pubblico a livello globale.Per questo viene acquistato. E anche perché è battuto in asta. Se arrivasse in qualche asta un dipinto come la Madonna Sistina di Raffaello sicuramente qualcuno lo comprerebbe. Ma Raffaello o Tiepolo non circolano nelle case d’asta. Mentre Warhol e Fontana sì».

di Viviana Neri

Lascia un Commento