Una tendenza che piace, diverte e dà supporto alle città, sia esteticamente sia nella piccola economia. Sono gli orti urbani, da quelli realizzati sui tetti delle metropoli a quelli coltivati negli appezzamenti più piccoli ma altrettanto utili
Da tempo si sente parlare di orto urbano, addirittura già dalla metà del 1800, epoca nella quale nasce con l’obiettivo di dare un supporto economico alle famiglie oltre a rappresentare anche un luogo di incontro.
Oggi il significato generale dell’orto urbano è di certo cambiato, rivolgendosi maggiormente a una questione di “verde cittadino”, di coltivazioni biologiche e un modo per avere (inquinamento a parte) ortaggi e prodotti a Km 0, pronti da consumare o da utilizzare in cucina. In Italia e in giro per il mondo gli esempi di orti urbani sono molti e sono diventati dei veri progetti di architettura, volti a dare un aspetto speciale e originale alle città e alle metropoli… in parallelo a funzioni peculiari.
Tra gli esempi più interessanti c’è l’orto sul tetto del Boston Medical Center; in questo ospedale si coltivano differenti tipologie di verdure che vengono poi consumate e utilizzate dai pazienti. Circa 800 mq, 25 tipi di ortaggi e 2 alveari: un’oasi felice in cui si rispetta il ciclo delle stagioni e della produzione. Qui lavorano operai e volontari, mentre i costi sono sostenuti dalle donazioni che giungono per supportare questa iniziativa.
Tra le prossime inaugurazioni, si attente con una certa curiosità, quella dell’orto urbano di Parigi nella primavera di quest’anno: si estenderà su circa 14.000 mq ed è destinato a diventare il più grande del mondo. Situato sul padiglione 6 del Parc des Expositions a Porte de Varsailles, un edificio di sei piani che ospita fiere ed eventi, l’orto accoglierà circa 30 specie di piante diverse, in questo caso coltivate e curate da un gruppo di agricoltori.
E in Italia? È un “fenomeno” che, piano piano, sta riportando un buon successo. Un esempio è l’orto nato sul tetto della Biblioteca di Firenze, oppure quello nel quartiere Nizza Millefonti, a Torino. Si trovano gli orti urbani (alcuni dei quali suddivisi per appezzamenti e curati anche da privati) a Milano, come quello in via Chiodi nel quartiere Barona; da segnalare quello di Bologna, il più grande d’Italia con i suoi 47 ettari, curato dalla cooperativa Arvaia.
Un fenomeno in larga espansione, non solo nelle zone dove il clima permette questo genere di attività, ma pure il luoghi più difficili come la Groenlandia dove (anche a causa dei restringimenti dei ghiacciai), si è raddoppiata la coltivazione delle patate.
di redazione