Una frase già detta, un film già visto, un’esperienza già raccontata. Forse. Forse però oggi i giovani dovrebbero rivedere un po’ più spesso questi ‘già visto’ per rendersi conto che il mondo è cambiato, è vero, ma per approcciarlo ci vogliono ancora umiltà, volontà e tanta voglia di mettersi in gioco, tutti i giorni.
Una laurea iniziata e mai presa perché il sogno era sempre stato un altro: lavorare in cucina, cominciando dalle basi, quelle meno nobili. E così è stato: Luca Tomasicchio, classe 1976, ha percorso una lunga strada che da Padova, sua città di origine, lo ha portato prima a Firenze e Milano, poi in Spagna, in Francia, in Giappone e, infine, in Lussemburgo dove, nel 2007, è nato il suo primo locale, il Mi&Ti. «Una tappa importante, dopo anni di esperienza in prestigiosi ristoranti internazionali che mi ha permesso di mettermi alla prova sul serio, in prima persona» racconta Tomasicchio.
E i risultati arrivano, tanto da fargli pensare di tornare ‘a casa’ e fare qualcosa anche per la sua città. Sono passati poco più di cinque anni dal suo primo ristorante quando a Padova apre Tola Rasa: il luogo è quello di una storica trattoria di città, ma il nuovo progetto condivide poco con l’esperienza passata. Luca rimette mano a tutto – una vera e propria tabula rasa – dal bar per aperitivi e pranzo veloce del piano terra, fino alla cantina del seminterrato e alla sala ristorante che occupa il primo piano e il sottotetto.
Un luogo moderno ed essenziale, studiato in ogni dettaglio: cucina a vista sulla sala e sull’originale table chef – situata in una nicchia della stessa; tavoli, sedie e lampadari realizzati su progetto dello chef e di alcuni artigiani locali, una mise en place estremamente raffinata e un servizio familiare, ma ineccepibile. La carta narra delle sue esperienze, ma anche della sua voglia di creare qualcosa di insolito, pur rispettando i dettami di una provincia come Padova: «niente abbinamenti troppo azzardati, un’accurata selezione di grandi prodotti della regione ma non solo, per una cucina che, in altre parole, sappia offrire qualcosa di nuovo senza spaventare», aggiunge Tomasicchio. «Misuro gli effetti giorno dopo giorno, sui clienti che tornano e sulle scelte che fanno o che ripetono; oso solo dopo che hanno provato la mia cucina, proponendo un piatto e anche un abbinamento al bicchiere che non avrebbero scelto: quando accettano, ho vinto la mia scommessa». La seconda si potrebbe dire, considerata la palazzina che ospita il ristorante: un edificio contemporaneo e di impatto in una città che trasuda di storia dove anche solo l’idea di entrare potrebbe non essere così banale.
di Barbara Carbone