Un luogo dove l’enologia ha radici ben salde da millenni, in una terra dove le montagne custodiscono vigneti “vergini”, mai colpiti dalla Filossera, dove le temperature passano da parecchi gradi sotto lo zero fino ai 40 gradi estivi.
Siamo in Armenia, nella regione in cui, seguendo le leggende, Noè ha piantato i primi filari, la stessa terra nella quale Zorik Gharibian, di discendenza armena ma cresciuto in Italia, ha deciso di dar vita a Zorah Wines, la sua azienda vitivinicola.
Una passione per la vigna che si lega a quella di un territorio antichissimo come l’Armenia. Come unisce questi due aspetti culturali?
Si può dire che la mia passione nasca da due ‘fondamentali’ elementi: il grande amore che provo per la mia terra d’origine, l’Armenia (visitata per la prima volta solo dopo la caduta dell’Unione Sovietica) e l’attrazione fortissima che ho provato per i vigneti toscani, conosciuti anni fa. Parte tutto da qui! Perché allora non unirle? Ed ecco le ricerche fatte in Armenia e la piacevole scoperta di trovare un territorio dalla millenaria tradizione enologica. Ho girato in lungo e in largo fino a trovare la regione dove ho costruito la mia azienda, a Vayots Dzor. Qui la Filossera non è mai arrivata, in più sono rimasto affascinato dalle altitudini dei vigneti a circa 1.400 a 1.600 m sul livello del mare.
Qual è l’aspetto più difficile del lavoro di produttore in un territorio come l’Armenia?
Zorah è un progetto pioniere in Armenia. Quando agli inizi degli anni 2000 ho intrapreso questa avventura, sul territorio non era ancora nata tutta questa passione per le uve autoctone o la riscoperta dei vecchi metodi di conservazione come le anfore. C’erano altre priorità in Armenia, come l’indipendenza ottenuta da poco. Insieme al mio enologo Alberto Antonini e Stefano Bartolomei (toscani tutti e due) siamo partiti da zero… Abbiamo lavorato quasi 10 anni, partendo dalla selezione (qui è tutto sul piede franco) non avendo tra l’altro vivai specializzati.
La tradizione millenaria dei vini in anfora… Come riesce a coniugarla con le nuove tecnologie?
Siamo partiti con la vinificazione in vasche d’acciaio e l’invecchiamento in barrique. Dopo poco, però, ci siamo resi conti che questi due ‘strumenti’ non facevano parte della storia del territorio. Perciò abbiamo deciso di recuperare le anfore! Abbiamo girovagato per tutto il territorio, chiedendo ai contadini e alle altre piccole cantine. Alla fine ci siamo riusciti e i vini Zorah, già presenti in 20 paesi, conservano tutta la loro storia, dal vigneto alla bottiglia. Certo, la modernità e la tecnologia ci danno supporto, utilizziamo anche le vasche di cemento senza vetro resina o botti di grandi dimensioni per ammorbidire i tannini dei rossi ma la finalità è una sola: restare quanto più fedeli alle tradizioni armene.
Definita “La terra dei vigneti”: quali potenziali vede in Armenia per il mondo del vino?
In Armenia ci sono ancora vitigni autoctoni tutti da scoprire, la Filossera non è mai arrivata e le vigne senza innesti sono l’espressione pura dell’evolversi della natura. A tutto ciò si uniscono anche le escursioni termiche: – 20° in inverno e punte di 40° in estate. La storia e le leggende poi aggiungono un grande fascino: si dice che ai piedi del Monte Ararat, Noè creò il primo vigneto, usando le anfore per la conservazione; nella zona ci sono anche i resti di una cantina che risale a circa 6.000 anni fa. Ecco spiegato tutto il potenziale dell’Armenia: storia, tradizione e natura. Per questi motivi sono convinto che l’Armenia possa conquistare un ruolo importante nel panorama vinicolo mondiale.
Mi parli dei suoi vini e delle uve autoctone dai quali nascono.
Attualmente Zorah produce 3 vini. Zorah Karasì è un rosso, creato da uve Areni Noir a 1.400 metri sul livello del mare; è una varietà autoctona dell’Armenia con presenza millenaria nella regione di Vayots Dzor. Questa tipologia non è mai stata innestata e lo accertano gli studi fatti dal Prof. Josè Vouilamoz il quale conferma che l’Areni Noir non è apparentato con nessun altra varietà mondiale: è un capo famiglia autoctono al 100% all’Armenia. Il termine Karasì vuol dire “dalle amphorae”, questo per ricordare il suo invecchiato.
Zorah Voskì è un vino bianco, creato dal blend di 2 autoctoni armeni (50% ciascuno) sempre a 1.400 m. sul livello del mare, Voskeàt e Garndmak. Questo vino è il risultato di diversi anni di prova, visto che siamo partiti da 8 autoctoni, per arrivare a usarne solo 2. Voskì tradotto significa “Oro” per ricordare il colore del vino e della varietà Voskeàt. Entrambi i vitigni sono autoctoni all’Armenia e non apparentati a nessun altro ceppo.
Zorah Yeraz è un rosso nato da vitigni ultra secolari a 1.600 m. sul livello del mare. La vendemmia di queste uve a causa dell’estrema altitudine si fa sempre a fine ottobre. Questo vigneto erano semi-abbandonato ed è stato riscoperto e rivitalizzati da Zorah. La zona è difficile e le piante essendo ultra secolari hanno una resa bassissima: si producono solo 5.000 bottiglie e, questo vino, è un po’ il nostro bigliettino. Anche Zorah Yeraz è invecchiato nelle anfore e fa un passaggio in botti grandi non tostate. La parola Yeraz significa “Sogno” e si addice perfettamente al prodotto.
Come si abbinano i vini alla cucina armena?
I vini di Zorah si abbinano a tutte le cucine fatte con amore. Essendo fatti in alta montagna hanno equilibrio e buona acidità, facilmente adattabili alla cucina armena e non solo. A me personalmente è rimasto impresso l’abbinamento di Zorah Karasì con ox cheek, ossia il guanciale preparato con una riduzione di vino.
di Maddalena Baldini