QUANTE SIGARETTE CONSUMATE

artisti
09 maggio 2012

Può il filtro usato di una sigaretta diventare un’opera d’arte? La risposta è sì, almeno a giudicare dai lavori di Davide Genna, artista milanese della galleria Spazio Santa Barbara.

La passione per l’arte nasce da lontano, ma sboccia concretamente solo in tempi piuttosto recenti e in particolare nel 2003, per Davide Genna, che ha alle spalle studi economici, in particolare sull’analisi tecnica di borsa. Un mondo, quello dell’economia, apparentemente lontano anni luce dal mondo creativo e che invece è stato fonte d’ispirazione per il giovane artista, nato nel 1983. “Una delle cose di cui mi sono occupato durante i miei studi sono state le candele giapponesi (dette anche candlestick, un tipo di visualizzazione dei dati in un grafico, usata prevalentemente in ambito finanziario, ndr.) e infatti gli stessi filtri ricordano quella forma – spiega l’artista –. Quello che più mi affascina è il gesto stesso di fumare, in particolare le sigarette con il filtro lungo, che poi diventano vettori simbolici per testimoniare l’esperienza vissuta”.

Da questo percorso nasce il suo primo lavoro importante, “Il grande posacenere”, un’imponente opera che raccoglie diversi filtri – “realmente fumati”, ci tiene a precisare l’autore – incolonnati, disciplinati e racchiusi all’interno di un perimetro delimitato da alcuni pezzi di legno. “La forza di questo piccolo residuo sta nel suo racchiudere il senso stesso dell’esperienza, il suo non consumarsi a differenza di tutto il resto”, racconta ancora Genna. Dai filtri veri e propri si è progressivamente passati a utilizzare piccoli pezzi di carta colorata che ne emulano la forma e attraverso i quali l’artista cerca di ricreare “visioni e stati dell’essere”. Il “filtro” diviene quindi un modello tridimensionale per rappresentare aspirazioni e valori, e con la sua ripetizione quasi ossessiva introduce alla speranza di poter raggiungere ordine e tranquillità, con la fiducia nella disposizione logico razionale. Esso non rappresenta quindi solo un elemento formale, che dà una consistenza materica alle tele, come tanti piccoli “tubicini” che penetrano e allo stesso tempo fuoriescono dall’opera stessa, ma assume anche un valore simbolico e “filtra” una realtà osservata e concepita attraverso la ritualità e l’ossessività di alcuni gesti, che sono così in qualche modo protetti e introiettati. “Alla base dei miei lavori c’è una concentrazione di gestualità – conclude Genna –, un’ossessiva accumulazione di gesti che mi caratterizza. Quando mi piace una cosa, infatti, tendo a ripeterla frequentemente, quasi a cercare di volerla capire a fondo, compiendo così allo stesso tempo una sorta di ricerca del mio essere”.

di Luigi Piscitelli

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